mercoledì 11 dicembre 2013

RIORGANIZzIAMOCI !

  Non si sono neppure imbarazzanti i politici di casa nostra che  hanno “autorizzato” o quantomeno “legalizzato” quello stop ai rinnovi dei contratti di lavoro dei dipendenti pubblici. Forse anche per distogliere l’opinione pubblica dal pensiero che la perseguita: gli sprechi della politica. Per amor di Dio, non  che tutti fossero d’accordo, ma la maggioranza ha ritenuto, senza riflettere sulle ripercussioni che ne derivano, di ubbidire ad un ordine di scuderia che ha limato in modo eccessivo il reddito dei lavoratori pubblici.
Per certi interventi bisogna aspettare il clima favorevole, e questo è uno di quelli. Il cittadino comune, tempestato ormai da un’ondata di populismo senza precedenti, per di più disorientato e sospinto da un certo tipo di  informazione che ha cavalcato il momento, ne ha preso atto con una certa soddisfazione, perché risulta facile addebitare tutti i mali della Stato a chi ha la sola colpa di fare il proprio dovere.  Tutto ciò si nasconde sotto il nome di risparmio e di economia,  spending  rewie , per usare un termine ormai comune.
Non si è assistiti ad un solo dibattito su questa mossa del governo, e non si capisce il perché. Nessuna voce si è alzata a difesa della classe lavoratrice, o quantomeno per giustificare tale intervento che purtroppo non rimane singolare. Dopo anni di riverenza della politica verso il lavoro pubblico, ritenuto allora giustamente  funzionale alla capillare macchina statale, oggi si assiste, increduli, alla  determinazione con cui si tenta di distruggere un intero sistema che ha tenuto sempre e comunque, al di là dell’incapacità della politica di determinarne gli indirizzi e le strategie.
In sfregio ad ogni diritto, ci si limita ad approvare  un articolo se non addirittura un comma che nella sua pochezza di parole  di fatto blocca il rinnovo dei contratti economici e giuridici di milioni di lavoratori, esibendo attenuanti che delegittimano il lavoro di tanti dipendenti.
Di contro, però, nessuno può entrare tra le mura dei Parlamenti italiani di ogni ordine e grado, poiché ognuno di loro difende i propri privilegi  con le unghia e con i denti. Pertanto si assiste ad un piratesco scenario, dove i politici continuano a gravare pesantemente sul bilancio del Paese senza dare nulla in cambio se non tasse e scandali,  mentre gli italiani devoti alla democrazia e al perbenismo  tirano la cinghia per arrivare a fine mese senza poter neppure influenzare le scelte di un governo che tenta di dipingere di bianco un muro già colorato di nero.

lunedì 9 dicembre 2013

Sud e Stato di diritto


Bene dice il Ministro degli esteri Emma Bonino a proposito dello Stato di diritto; il problema di questo Paese, dice infatti  la leader radicale è che le “regole non vengono rispettate”, e che uno sviluppo concreto e sostenibile è pura utopia senza giustizia e trasparenza.,  pilastri di una sana società.
Una grande incertezza  con cui ormai, specie al  sud,  si è costretti a convivere,  tra rinunce e sacrifici, delinquenza e parzialità.
Nessuno conosce più dove comincia il diritto e dove finisce il dovere, divisi da una  sottile membrana,  ponte della democrazia, che divide due essenze dello stesso valore. E così ci si sente in diritto di occupare una casa altrui, tra l’indifferenza di molti e la rabbia di pochi, per il sol fatto di essere disoccupati, o perché si hanno tanti figli, o ancora per  avere un invalido in famiglia (chi nel sud della penisola  non ha un invalido in casa!), e per questo quindi ritenersi nel pieno “diritto” di occupare la “casa di altri”, e di non essere assoggettati a nessun tipo di reato (occupazione abusiva o addirittura di violazione di domicilio, dove è previsto anche il carcere).
Si assiste così  a una pratica ormai consolidata, opera di personaggi arroganti e malandrini che conosciute le abitudini delle famiglie prese di mira, si intrufolano a loro insaputa nell’abitazione, occupano e distruggono.
Nessuno interviene, le forze dell’ordine hanno le armi spuntate e nessuno prende le difese di chi la casa l’ha comprata con sacrifici o di chi l’ha avuta assegnata dal Comune dopo anni di attesa, lunghe graduatorie e difficoltà di ogni genere.
Qui il “diritto” di non vedere violata la propria abitazione, la propria privacy, la propria vita , per intenderci, va a farsi benedire, mentre  compare per magia un nuovo diritto : quello della “pretesa con la forza”. Quel dovere legittimo ma soprattutto morale di non limitare la libertà degli altri, di non violare gli spazi degli altri, e soprattutto  di rispettare chi ha avuto invece rispetto delle regole viene cancellato con il sopruso.
Il lavoro è un’altra storia. Qui la crisi congiunturale, che attanaglia l’Italia, ma soprattutto il sud, dove la disoccupazione è sempre stata un cancro, ha fatto vittime a 360 gradi. Aziende chiuse, cantieri fermi e commercianti sull’orlo del baratro hanno dato il colpo di grazia al già precario sistema “tutto meridionale” di arrangiarsi.
Ma le regole sono regole. La politica deve contribuire a sostenerle, e non a raggirarle creando “carrozzoni” a carico del sistema pubblico che oggi è al collasso. Un impianto insostenibile, ormai in coma profondo, che minaccia la fine della democrazia, l’anarchia e infine la fine dello “ Stato di diritto”.
Non si può più sostenere il lavoro precario,  aborto e  fallimento della politica, scellerato sistema con cui  raggirare le regole per costruirsi una nicchia , uno spazio politico dorato e possibilmente di lunga durata, che ha causato la morte della società civile, quella per intenderci intesa come “casa comune”.