martedì 4 dicembre 2012

La nuova Giunta tra vecchio e nuovo

ASPETTANDO L’INSEDIAMENTO DELLA NUOVA GIUNTA REGIONALE SICILIANA


di Giuseppe Valdesi

Attendiamo con ansia l’insediamento della Giunta regionale al completo. Siamo ormai esasperati da quella sensazione di non appartenenza che ci accompagna ormai da diversi mesi.
Certo, ci aspettano tempi assai duri. Abbiamo dovuto cedere parte del nostro potere di acquisto rinunciando a due rinnovi contrattuali ad un Governo dimissionario che ha concluso il suo mandato “ipotizzando “ una spending rewiew, chiaramente alla siciliana, con un disegno di legge costruito sui licenziamenti dei lavoratori regionali, con quote percentuali, tra l’altro, al di sopra di quelle richiesteci dallo Stato centrale e applicate a livello nazionale.
Una manovra spinta fino all’ultimo giorno, finché l’Assessore all’Economia sfinito dalle trattative con le OO.SS., ma soprattutto convinto dagli spiccioli minuti che restavano al Governo a cui apparteneva, abdicava lasciando tutto com’era.
Eppure, in quel disegno di legge qualcosa di buono c’era, per amor del cielo, ma andava applicato subito con una manovra a se stante e implacabile. Ma non se ne fece niente, perché la vittima da sacrificare doveva evidentemente essere sempre e soltanto il lavoratore.
Mostrare i muscoli, in quella fase, era maledettamente pericoloso. In quel frangente più che mai era importante il dialogo.
Giorni e giorni di consultazioni con il governo, con la Commissione legislativa all’ARS, ma soprattutto con il rappresentante della Funzione Pubblica, scongiurò, almeno in quel momento licenziamenti irresponsabili e discriminatori camuffati dalla ormai nota “mobilità”.
Il buon senso prevalse a beneficio delle organizzazioni sindacali che misero in campo tutte le loro forze migliori, pur di non far passare il diktat del Governo uscente.
Oggi siamo felici di quel risultato e poniamo fin da subito le basi per un futuro progetto che possa soddisfare tutte le parti in causa.
Un nuovo modo di pianificare il futuro che tutti noi dobbiamo con forza intestarci, che possa privilegiare, a monte, una riclassificazione del personale che possa reggere a una forte spinta delle molteplici attività dell’Amministrazione regionale.


domenica 2 dicembre 2012

Un accenno alla speranza



di Giuseppe Valdesi*

A voler voltare pagina c’è sempre tempo. Tutti cuori ingrati, qui in Sicilia, a parole, chiaramente, ma i fatti, quelli si che mostrano che le cose poi cambiano poco o addirittura non cambiano affatto. I facili costumi, quelli contrassegnati da favoritismi, clientele e prebende varie, la storia di questa terra quindi, per dirla in parole povere, non perdono i loro adulatori, quelli no, anzi. Gli stessi che gridavano, che mugugnavano, che assaporavano il gusto della rivincita, li abbiamo ritrovati poi a riempire le sale nei comizi dei candidati alle eleganti poltrone del parlamento siciliano. Abbiamo assistito ad una, a tante farse, a tanti sketch programmati e studiati per indurre ad accettare ancora compromessi.

In “tanti” vanno per conoscere il programma del partito, della coalizione, o per ascoltare il politico di turno, almeno questo affermano, ma nonostante le “favole”, raccontate da oratori più o meno modesti, poi, alla fine, quei “tanti” diventeranno loro elettori. Perché una promessa fatta da un politico, ancora oggi, chissà  perché poi, vale  più dei fatti.

Si ostinano ancora a dare per buono quello che hanno fatto male (o  che addirittura non hanno fatto), artefici di una politica impacciata, senza progetti, che vive alla giornata. Una politica che ha inaridito non solo le tasche dei siciliani ma anche i loro sogni, il loro futuro. Una mediocre classe dirigente che ha consegnato la Sicilia  in rovina alla “nobiltà” romana, che oggi si prende il merito di averla salvata (probabilmente!) dal default.

Una Sicilia privata del lavoro, dello sviluppo, di piccole e grandi industrie (v. fiat), se non di quelle che hanno prodotto ingenti danni all’ambiente (v. poli industriali di Priolo, Milazzo, Gela ); una Sicilia la cui economia potrebbe esplodere, in senso positivo chiaramente, grazie  alle ricchezze che il Signore gli ha donato: l’agricoltura, la pesca, e non ultimo il turismo, con il grande patrimonio culturale da anni abbandonato all’incuria, ma che è invece condannata a vivere di sogni avvelenati, d’ingiustizia e di malaffare.

I giovani, persa la speranza, si lasciano andare a pietose migrazioni, arricchendo ancor di più le economie e la cultura di altri Paesi, ma, purtroppo, lasciano così la propria terra nelle mani di corrotti e corruttori.

I pochi spazi presenti in Sicilia oggi sono quelli della P.A., ma con la crisi che ci attanaglia, anche questo settore, pieno di precariato e privato di risorse proprie,  è in blackout.

Bisogna, dunque, seguire una profilassi  che coinvolga tutti i dirigenti politici siciliani che hanno voglia e capacità di allontanare la Sicilia da quel fossato dove sta per precipitare, e accompagnarla, una buona volta e a pieno titolo, tra le regioni più virtuose e più vicine all’Europa.

*giornalista