mercoledì 11 dicembre 2013

RIORGANIZzIAMOCI !

  Non si sono neppure imbarazzanti i politici di casa nostra che  hanno “autorizzato” o quantomeno “legalizzato” quello stop ai rinnovi dei contratti di lavoro dei dipendenti pubblici. Forse anche per distogliere l’opinione pubblica dal pensiero che la perseguita: gli sprechi della politica. Per amor di Dio, non  che tutti fossero d’accordo, ma la maggioranza ha ritenuto, senza riflettere sulle ripercussioni che ne derivano, di ubbidire ad un ordine di scuderia che ha limato in modo eccessivo il reddito dei lavoratori pubblici.
Per certi interventi bisogna aspettare il clima favorevole, e questo è uno di quelli. Il cittadino comune, tempestato ormai da un’ondata di populismo senza precedenti, per di più disorientato e sospinto da un certo tipo di  informazione che ha cavalcato il momento, ne ha preso atto con una certa soddisfazione, perché risulta facile addebitare tutti i mali della Stato a chi ha la sola colpa di fare il proprio dovere.  Tutto ciò si nasconde sotto il nome di risparmio e di economia,  spending  rewie , per usare un termine ormai comune.
Non si è assistiti ad un solo dibattito su questa mossa del governo, e non si capisce il perché. Nessuna voce si è alzata a difesa della classe lavoratrice, o quantomeno per giustificare tale intervento che purtroppo non rimane singolare. Dopo anni di riverenza della politica verso il lavoro pubblico, ritenuto allora giustamente  funzionale alla capillare macchina statale, oggi si assiste, increduli, alla  determinazione con cui si tenta di distruggere un intero sistema che ha tenuto sempre e comunque, al di là dell’incapacità della politica di determinarne gli indirizzi e le strategie.
In sfregio ad ogni diritto, ci si limita ad approvare  un articolo se non addirittura un comma che nella sua pochezza di parole  di fatto blocca il rinnovo dei contratti economici e giuridici di milioni di lavoratori, esibendo attenuanti che delegittimano il lavoro di tanti dipendenti.
Di contro, però, nessuno può entrare tra le mura dei Parlamenti italiani di ogni ordine e grado, poiché ognuno di loro difende i propri privilegi  con le unghia e con i denti. Pertanto si assiste ad un piratesco scenario, dove i politici continuano a gravare pesantemente sul bilancio del Paese senza dare nulla in cambio se non tasse e scandali,  mentre gli italiani devoti alla democrazia e al perbenismo  tirano la cinghia per arrivare a fine mese senza poter neppure influenzare le scelte di un governo che tenta di dipingere di bianco un muro già colorato di nero.

lunedì 9 dicembre 2013

Sud e Stato di diritto


Bene dice il Ministro degli esteri Emma Bonino a proposito dello Stato di diritto; il problema di questo Paese, dice infatti  la leader radicale è che le “regole non vengono rispettate”, e che uno sviluppo concreto e sostenibile è pura utopia senza giustizia e trasparenza.,  pilastri di una sana società.
Una grande incertezza  con cui ormai, specie al  sud,  si è costretti a convivere,  tra rinunce e sacrifici, delinquenza e parzialità.
Nessuno conosce più dove comincia il diritto e dove finisce il dovere, divisi da una  sottile membrana,  ponte della democrazia, che divide due essenze dello stesso valore. E così ci si sente in diritto di occupare una casa altrui, tra l’indifferenza di molti e la rabbia di pochi, per il sol fatto di essere disoccupati, o perché si hanno tanti figli, o ancora per  avere un invalido in famiglia (chi nel sud della penisola  non ha un invalido in casa!), e per questo quindi ritenersi nel pieno “diritto” di occupare la “casa di altri”, e di non essere assoggettati a nessun tipo di reato (occupazione abusiva o addirittura di violazione di domicilio, dove è previsto anche il carcere).
Si assiste così  a una pratica ormai consolidata, opera di personaggi arroganti e malandrini che conosciute le abitudini delle famiglie prese di mira, si intrufolano a loro insaputa nell’abitazione, occupano e distruggono.
Nessuno interviene, le forze dell’ordine hanno le armi spuntate e nessuno prende le difese di chi la casa l’ha comprata con sacrifici o di chi l’ha avuta assegnata dal Comune dopo anni di attesa, lunghe graduatorie e difficoltà di ogni genere.
Qui il “diritto” di non vedere violata la propria abitazione, la propria privacy, la propria vita , per intenderci, va a farsi benedire, mentre  compare per magia un nuovo diritto : quello della “pretesa con la forza”. Quel dovere legittimo ma soprattutto morale di non limitare la libertà degli altri, di non violare gli spazi degli altri, e soprattutto  di rispettare chi ha avuto invece rispetto delle regole viene cancellato con il sopruso.
Il lavoro è un’altra storia. Qui la crisi congiunturale, che attanaglia l’Italia, ma soprattutto il sud, dove la disoccupazione è sempre stata un cancro, ha fatto vittime a 360 gradi. Aziende chiuse, cantieri fermi e commercianti sull’orlo del baratro hanno dato il colpo di grazia al già precario sistema “tutto meridionale” di arrangiarsi.
Ma le regole sono regole. La politica deve contribuire a sostenerle, e non a raggirarle creando “carrozzoni” a carico del sistema pubblico che oggi è al collasso. Un impianto insostenibile, ormai in coma profondo, che minaccia la fine della democrazia, l’anarchia e infine la fine dello “ Stato di diritto”.
Non si può più sostenere il lavoro precario,  aborto e  fallimento della politica, scellerato sistema con cui  raggirare le regole per costruirsi una nicchia , uno spazio politico dorato e possibilmente di lunga durata, che ha causato la morte della società civile, quella per intenderci intesa come “casa comune”.

lunedì 4 novembre 2013

Il blocco dei contratti e le notizie “colorate”.

Il blocco dei contratti di lavoro nel pubblico impiego, prorogato al 31 dicembre 2014, ha messo in ginocchio l’intera categoria di lavoratori, trasformando di fatto gli stipendi a semplici sussidi. L’assimilazione tra dipendenti pubblici e “nuovi poveri” oggi è fortemente realistica. In attesa, dunque, che la politica si risvegli, i sindacati provano ad utilizzare quei pochi strumenti di cui dispongono per ridurre o quantomeno per alleggerire le difficoltà dei propri iscritti. Nell’amministrazione regionale siciliana, nella fattispecie, le parti sociali spingono per anticipare le risorse del FAMP (fondo destinato ad attività complementari), così da consentire alle famiglie dei dipendenti di prendere un po’ di ossigeno e alleggerire la pressione economica in attesa di tempi migliori. La proposta arriva dal SADIRS, sindacato maggioritario tra i dipendenti della Regione Siciliana, che riprende un vecchio progetto suggerito e voluto fortemente dalla base, che prevede di “mensilizzare” parte di questo Fondo, e ridurre così l’attenzione dei vari ”predatori“ sempre pronti ad attingere a piene mani sulla “dote” dei lavoratori, accantonato e fortemente custodito negli anni. Ma oggi, inspiegabilmente, è avvenuta una spaccatura, forte e dolorosa, perché la dirigenza della CISL e dell’UGL siciliana non appoggia tale “richiesta”, accrescendo i tempi di approvazione di una proposta che la maggior parte dei lavoratori apprezza e aspetta da tempo. Il Commissario dell’ARAN, intanto, dopo nove mesi di fermo “biologico”, riesce a mettere una pezza e approvare l’erogazione del FAMP . Di mensilizzazione se ne riparlerà in futuro . La necessità di un confronto rimane indispensabile, ne siamo convinti, ma è altrettanto importante che si comprenda anche il momento particolarmente delicato che attraversano i lavoratori, che non solo subiscono passivamente il blocco del contratto di lavoro (2008), ma sono costretti a guardare, ormai con costanza e impotenza, un ingiustificato disinteresse del Governo che vede i regionali come una palla al piede anziché un prezioso strumento di collaborazione . Intanto i media (giornale di sicilia in primis), non perdono l’occasione per attaccare l’accordo, spacciandolo per privilegio. L’opinione pubblica grida allo scandalo prendendo per buona la notizia e scatena una guerra contro i dipendenti regionali “rei”, forse, di avere un posto di lavoro. L’obiettivo di sicuro è stato raggiunto, le copie di giornali vendute sono cresciute, ma resta il danno causato alla parte più debole dell’anello: i lavoratori. Infatti, preso atto della “scandalosa” notizia, il Presidente Crocetta e la sua Giunta, rimandano la ratifica dell’accordo e di conseguenza vengono allungati i tempi per l’erogazione del FAMP, che da decenni è parte integrante del salario dei dipendenti regionali.

venerdì 18 ottobre 2013

IL BLOCCO DEI CONTRATTI E L'ALCHIMIA DEI SINDACATI.

Siamo in Sicilia, e qui si sa , le cose vanno lentamente se non ci sono le giuste “pressioni”, o viceversa troppo velocemente se c’è la vera intenzione di farle andare avanti. Il blocco dei contratti di lavoro nel pubblico impiego, prorogato al 31 dicembre 2014, ha messo in ginocchio l’intera categoria di lavoratori, trasformando di fatto gli stipendi a semplici sussidi. L’assimilazione tra dipendenti pubblici e “nuovi poveri” è realistico. In attesa che la politica si svegli, i sindacati provano ad utilizzare quei pochi strumenti di cui dispongono per ridurre o quantomeno per alleggerire le difficoltà dei propri iscritti. Nell’amministrazione regionale siciliana, nella fattispecie, le parti sociali spingono per anticipare le risorse del FAMP (fondo destinato a compensi diversi), per consentire così alle famiglie dei dipendenti di prendere un po’ di ossigeno e alleggerire la pressione economica in attesa di tempi migliori. La proposta arriva dal SADIRS, sindacato maggioritario tra i dipendenti della Regione Siciliana, che riprende un vecchio progetto suggerito e voluto fortemente dalla base, che prevede di “mensilizzare” parte di questo Fondo, e ridurre l’attenzione dei vari ”predatori“ sempre pronti ad attingere a piene mani sul “patrimonio “ dei lavoratori, accantonato e fortemente custodito nel tempo. Ma oggi, inspiegabilmente, è avvenuta una spaccatura, forte e dolorosa, perché la dirigenza della CISL e dell’UGL siciliana si schiera apertamente con l’ARAN, opponendosi alla “mensilizzazione” del Fondo, frantumando così i rapporti tra i sindacati stessi, ma soprattutto accrescendo i tempi di approvazione di una proposta che la maggior parte dei lavoratori apprezza e aspetta da tempo. Il Commissario dell’ARAN, intanto, dopo nove mesi di fermo “biologico”, riesce a mettere una pezza e approvare l’erogazione del FAMP . Di mensilizzazione se ne riparlerà in futuro . La necessità di un confronto rimane indispensabile, ne siamo convinti, ma è altrettanto importante che si comprenda anche il momento particolarmente delicato che attraversano i lavoratori, che non solo subiscono passivamente il blocco del contratto di lavoro (2009), ma sono costretti a guardare, ormai con costanza e impotenza, un ingiustificato disinteresse del Governo che vede i regionali come una palla al piede anziché un prezioso strumento da tutelare . Adesso la parola al Presidente Crocetta e alla sua Giunta per l’approvazione dell’accordo e poi il pallino nuovamente al tavolo sindacati – ARAN Sicilia per la ratifica finale.

lunedì 9 settembre 2013

Nuovi senatori a vita, vecchi privilegi.

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha nominato nei giorni scorsi quattro nuovi senatori a “vita”.
Personaggi di alto prestigio, di indubbia moralità e onorabilità,  che si sono messi in luce in ambiti particolarmente importanti della nostra società come la cultura , le arti e la scienza.
Claudio Abbado. Direttore d’orchestra, Carlo Rubbia , nobel per la fisica, Renzo Piano, un grande architetto invidiatoci da più parti e Elena Cattaneo esperta nel campo delle staminali e nelle malattie degenerative.
Nulla da ridire sulla scelta, consapevolmente ben determinata a non foraggiare polemiche, e quindi ritengo obiettiva, ma le polemiche sono nate ugualmente, sia per la presunta ideologia politica dei quattro fortunati (pare siano di area PD), ma soprattutto per il momento storico-economico che sta attraversando il nostro Paese, non particolarmente perfetto a certe “distrazioni”.
Quattro senatori che andranno a sedersi a palazzo Madama, tra gli scranni più ambiti al mondo, con una indennità che fa invidia perfino al Presidente USA, Obama, e con una serie di privilegi che diversamente danneggiano l’immagine della nazione. Ci si chiede allora, alla luce di tutto quanto, ma era proprio necessario “regalare” ventimila euro al mese più annessi e connessi a ciascuno di loro quando in Italia un padre  non riesce più a campare i propri figli a causa della disoccupazione, licenziamenti, inflazione eccetera eccetera? Ma era proprio una esigenza irrinunciabile  aumentare il numero dei senatori a 371? Evidentemente il nostro Presidente, che pur ho avuto modo di apprezzare più volte, ritengo non abbia ancora percepito i problemi che assillano i suoi connazionali, presumo allora che non si sia ancora accorto dell’immane catastrofe che si sta compiendo in Italia e non solo, o forse non è cosciente del fatto che oggi basta anche poco a  fomentare  le piazze?
Ma ormai il danno è fatto. Rimane il rammarico di pensare che con 80.000 euro al mese (un  milione di euro all’anno)  si poteva  intervenire su settori di sicuro più  importanti per i cittadini, specie per coloro che sono stati  privati del lavoro, dei tanti giovani che addirittura non ne trovano o dei tanti lavoratori che si sono visti allontanare il magico momento della pensione. Pensare poi che “una di loro” ha addirittura compiuto cinquant’anni da poco e che percepirà l’indennità fino alla fine dei suoi giorni (parliamo quindi di milioni di euro), accresce  ancora di più la collera degli italiani.
Non è questa una reazione populista, come qualcuno la chiamerà prossimamente, ma una reazione naturale ad una  azione innaturale anche se dettata da una costituzione che serve quando è utile e non serve quando non lo è.
Adesso i senatori a vita sono sei, un buon numero per un parlamento che ad oggi ha inflitto ai propri cittadini solo tasse e balzelli di ogni genere, di un parlamento in parte  delegittimato dalla magistratura, di  parlamentari che non rappresentano individualmente il Paese perché imposti, così come ci sono stati imposti questi ultimi quattro “nominati” di cui il Senato non penso, oggi,  ne abbia particolarmente bisogno.

martedì 3 settembre 2013

storia di un binario "pazzo".

Continuavano a spingere, pressavano con i loro bagagli contro gli inermi “ospiti” di quel treno che non pareva più tale , ma un carro di deportati da trasportare al campo di sterminio.
I più erano extracomunitari , tanti, tantissimi, con i loro carichi di cianfrusaglie  che non erano riusciti a piazzare tra i bagnanti nelle spiagge di Cefalù per le  cattive condizioni del tempo, ma anche pendolari e bimbi, tanti bimbi. Ma questo è solo un “piccolo” particolare.
Lunedì 26 agosto, ore 14,30 circa, stazione ferroviaria di Campofelice di Roccella, a ridosso della cittadina normanna, un convoglio proveniente da Messina diretto a  Palermo viene preso letteralmente d’assalto da decine e decine di “persone”. Incoscienti e arroganti calcavano le scalette del treno per accedere in una scatola già piena zeppa.
Finestre chiuse, urla, grida da ogni parte, panico. Lì scatta l’allarme, giungono i carabinieri della locale stazione, ma anch’essi “prigionieri “ di competenze che non gli appartengono possono solo segnalare alla POLFER di Palermo quanto accaduto. Il “duetto” riparte dopo circa mezz’ora di attesa tra gli affanni di chi non riesce neppure a respirare, e le polemiche di tante persone che riescono a raggiungere con non poche difficoltà  l’uscita e scendere dal quel treno infernale, pazzo e soffocante, nonostante avesse anche pagato il biglietto.
Il treno dunque si allontana tra gli sguardi allibiti e impauriti  di tanta gente rimasta a terra.
Trenitalia per l’ennesima volta ha mancato l’occasione per trovarsi pronta ad intervenire ad una eventualità così tanto banale e prevedibile, prediligendo il risparmio al rispetto ed alla salubrità degli utenti. Ha tagliato una corsa, una carrozza e quindi personale e non so cos’altro, ma ha ancora una volta rischiato il “disastro”, un disastro che prima o poi, senza un intervento deciso e coercitivo degli organi preposti al controllo, si presenterà.
Oggi , intanto, si sommano le segnalazioni, le denunce e le polemiche, Trenitalia conterà qualche passeggero in meno, ma tutto rimarrà com’è, tra l’indifferenza di chi dovrebbe vigilare e porre rimedio e le paure di chi invece si è scontrato con un’ angosciosa realtà.

lunedì 10 giugno 2013

Quando si blatera a convenienza.

Il “Sunseri” del giornale di Sicilia non ha poi tutti i torti. I suoi editoriali, anche se legati strettamente a pregiudizi ormai solo nei ricordi dei dipendenti regionali, colpiscono i mali storici della nostra amministrazione pubblica. Ma non tutti chiaramente, anzi.
Al di là della necessità o meno di rendere pubblici i dati statistici circa le assenze per malattia dei lavoratori regionali senza farne un “reale” confronto con le altre amministrazioni pubbliche  nazionali, bisogna riconoscere in lui quelle capacità nell’ identificare spregevoli comportamenti che oggi più di ieri infiammano gli animi dell’opinione pubblica locale e nazionale ormai traboccanti di  spropositato populismo .
E’ chiaro che “fuori dalle mura” è più facile giudicare, attaccare, puntare il dito, soprattutto se la difesa è bucata e fa acqua da tutte le parti. Mi riferisco ai sindacati, che non riescono più a contenere quelle sterili polemiche  sulle assenze per malattia, o quelle più coriacee che riguardano la mobilità o i trasferimenti dei loro iscritti.
Ma questo non è il frutto di una stanchezza psichica che ha colpito tutte le sigle sindacali, ma bensì di un potere tecnico-giuridico acquisito in anni di lotte che giorno dopo giorno perde terreno nei confronti di una politica che rivendica il suo ruolo di leadership e che si potenzia con armi molto più moderne e incisive. Ma di questo il Sunseri non ne parla. Lui tiene alta l’attenzione su notizie che fanno vendere più copie al suo giornale, non si preoccupa dei lavoratori e di quello che potrebbe succedere in un prossimo futuro se la politica prendesse oggi il sopravvento su quelle profonde regole di garanzia dei lavoratori  conquistate con la lotta e con i sacrifici dei nostri padri.
Certamente gli abusi, il malcostume vanno combattuti con tutti i mezzi, ma non di certo a mezzo stampa, dove si rischia di mettere il lavoratore alla mercè di un’opinione pubblica che vede  solo un colore: bianco o nero. Ma va contestualmente combattuto il privilegio, quello che per intenderci non premia e non garantisce il buon andamento della pubblica amministrazione , ma che mira diversamente ad acquisire il consenso  politico .
Ecco, di questo mi meraviglio. Il Sunseri, sempre puntuale a denunciare e colorare quelle criticità, che di volta in volta vengono fuori  riguardo ai lavoratori della regione, che fanno solo notizia,  non si sforza nemmeno di trovare  e stanare quei privilegi, appunto, che sono la causa principale della crisi degli enti pubblici. Di fatto il risultato ottenuto è soltanto quello di aver creato un forte disagio che accumuna i dipendenti regionali additati tutti di cattivo esempio, mentre viceversa sollecita implicitamente così i “più furbi” e i “politicanti” a fare meglio e di più.
Si apre così una spirale che non contenta nessuna delle parti, ma chi non ne trae vantaggio è di sicuro l’amministrazione  siciliana che contempla in sé due record: quello dei precari e dei consulenti  esterni che non servono,  e quello dei lavoratori ammalati che continuano così a star più male.

lunedì 22 aprile 2013

STRETTI TRA LE BEGHE DEI PARTITI

Incandescente la situazione politica nazionale. Disaccordo su tutto e su tutti. Un poliedrico Parlamento paralizzato dal contesto politico, che non lascia margine a nessuna lista di poter governare in piena autonomia, ma nessuna giustificazione può essere accettata a difesa di una posizione di intransigenza di un gruppo politico, più o meno rappresentato, che ritiene di conoscere tutta la “verità”. La verità è qualcosa di inafferrabile per l’uomo in quanto tale e non risiede  quindi di certo a Montecitorio  o a palazzo Madama così come, a maggior ragione, non risiede nelle sedi dei partiti politici. In un momento di grave difficoltà per il Paese, trincerarsi dietro un rifiuto dettato da motivi pseudo-ideologici è pressoché inquietante.
E’ giunta l’ora di procedere e con urgenza , dopo circa due mesi di rimpalli, esplorazioni e colloqui che non hanno di certo reso onore alle istituzioni italiane, per  dare un governo al nostro Paese,  prima che l’ultima candela si spenga.  E non mi riferisco all’alta finanza, a  investimenti o allo spread, ma di vite umane, di imprenditori  ma anche di semplici cittadini che si tolgono la vita perché non riescono più a sbarcare il lunario. La situazione inquieta in cui oggi  ci troviamo, risulta la fase più cruciale dell’intera crisi economica e sociale mai testimoniata, se non nel periodo bellico o post-bellico, dove la fame la faceva da padrone.
Il Presidente della Repubblica, responsabile di dare un governo al Paese, ha dimostrato grande autorevolezza e ampio spirito di servizio, ma ha cozzato contro  interessi personalistici di leader politici assolutamente non disposti a sacrificare la loro posizione di “guida” per una giusta causa: aiutare l’Italia e gli italiani ad uscire dal tunnel. Intanto, reinvestito lo stesso Giorgio Napolitano per il prossimo settennato dopo una serie di fuochi cecchini indirizzati a personaggi politici ormai obsoleti,  tra non molto uscirà fuori dal cilindro del “ nuovo Presidente della Repubblica” il il nome del primo ministro. Tanti in pool position, ma ormai pare, dopo le dimissioni di Bersani e di altri suoi collaboratori,  che la rosa vada restringendosi. Vedremo adesso chi avrà il consenso delle forze politiche per mettere in campo una squadra tecnica o politica che sia, basta che qualcuno al più presto sbrogli la matassa. Elezioni o Governo , subito!

martedì 19 marzo 2013

SICILIA . Bilancio tutto lacrime e sangue.


La necessità urgente di denaro metterà alla prova “l’autorevole” Governo Crocetta preso in questi giorni tra i fuochi  dell’opposizione e quelli più celati degli amici presunti.
Un guasto banale all’equilibrato  sistema di maggioranze e si rischia una crisi che sarà fortemente difficile da gestire.
L’esigenza di esitare al più presto un bilancio regionale in continuo affanno, infatti, porterà il rischio di tagli netti e indiscriminati  a capitoli di bilancio che per anni e anni sono stati ritenuti se non indispensabili quantomeno necessari a mantenere quell’equilibrio precario in cui navigava l’ARS. Tagli “sconsiderati” per alcuni, necessari e determinanti per altri.
Bisogna comunque stirare la piega al più presto, entro il trenta di aprile è necessario dare al governo regionale il potere di spesa, viceversa si rischia di bloccare l’intera economia dell’isola.
Un rischio che i deputati all’ARS conoscono molto bene, ma che interessi di parte inducono a ritardare per sovvenire a quel solito patteggiamento che possa comunque e soprattutto  riscuotere consensi politici.
Peraltro, una maggioranza troppo risicata, come quella di questo parlamento, implica una manovra economica largamente condivisa per non rimanere incastrati in altre norme (riforma delle provincie), in cui il Presidente della Regione si è impegnato oltremisura. Infatti, piccoli ma forti segnali di contrarietà giungono da più parti. Anche nella stessa maggioranza i malumori si fanno più evidenti e l’aria che si respira all’ARS  è pressoché irrespirabile.
Tra proclami e incertezze, intanto, la Giunta regionale procede nel suo cammino. I tagli annunciati a precari e forestali mettono in moto quei meccanismi ormai consueti e rodati quali manifestazioni e proteste che nei prossimi giorni metteranno a ferro e fuoco la città. Si tratta di trentamila operai forestali a tempo determinato, tremila ex PIP ora Trinacria Onlus, settemila dipendenti delle partecipate e gli operai della GESIP (circa milleottocento), questi ultimi a carico del Comune di Palermo, ma che il Sindaco Orlando, dopo il suo fallimento, vuole spingere tra le braccia del Presidente Crocetta che, capito il maldestro messaggio cerca di sfuggire all’agguato.
Voglia iddio che l’empasse venga superata senza mietere altra disoccupazione, ma è pur vero che bisogna mettere mano ad una autorevole riforma delle partecipate, e partire dal salvaguardare il “posto” a chi ne ha veramente diritto,  e intervenire chirurgicamente estromettendo chi ha approfittato del momento, e mangiato “ingiustamente” avidi bocconi a spese della collettività siciliana.
L’Assessore all’economia Bianchi, da parte sua, si è intestato una nobile battaglia contro gli sprechi, ma dovrà fare i conti con gli “usi e costumi” di politici e politicanti scorretti e ben determinati, che godono di ampi consensi nel territorio e che non disdegnato operazioni di basso profilo pur di ottenere risultati di assoluta riverenza elettorale.

lunedì 4 marzo 2013

Cambiamo tutto (speriamo).


In meno di un anno abbiamo rinnovato tutte le istituzioni pubbliche; quelle  locali, regionali, nazionali, e andremo tra poco a rinnovare pure le provincie regionali (forse!) e il Parlamento europeo. Nuovo il Sindaco di Palermo, nuovo il Presidente della Regione Siciliana, tra non molto conosceremo anche  il nome del  prossimo Presidente del Consiglio, vicina anche l’ora di eleggere il Presidente della Repubblica e, dulcis in fundo, una novità epocale: avremo entro il mese di marzo il nuovo Papa,  quest’ultimo “un regalo” eccezionale  alla nostra generazione che passerà alla storia come “la generazione dei due Papi.
Un inverno pieno di novità, certo, ma anche di dubbi, di perplessità e di speranza.
Nuove maggioranze politiche andranno a delinearsi tra non molto in Parlamento, nuovi scenari che se da un lato privilegiano lo sviluppo di interventi di riforma della costituzione italiana (riduzione dei costi della  politica), dall’altro non assicurano un indirizzo  politico concorde, anzi, le diverse anime dei gruppi  presenti  in parlamento sono così disomogenee che non lasciano trasparire niente di positivo in materia di crescita, di lavoro, di tasse, ecc.
Non è certo da invidiare il compito che il nuovo “Primo Ministro “ dovrà svolgere nel breve periodo. La crisi non è finita e i problemi non sono stati risolti dal Governo tecnico che evidentemente non è andato oltre l’IMU e la sua “spending rewiew” per non scatenare l’ira degli italiani e riempire le piazze.
Oggi il governo “politico” , povero di consensi, dovrà mettere nuovamente  mano nelle tasche degli italiani. Lo spread è nuovamente in rialzo, e per evitare che  raggiunga  quel livello costato il posto al presidente  Berlusconi dovrà inventarsi qualcosa che non sia il  licenziamento dei pubblici dipendenti o la riduzione della spesa sociale o addirittura la riduzione dei posti letto o l’introduzione del  ticket sui ricoveri ospedalieri,  poiché tutto questo è stato già attuato dal presidente uscente  Monti e dal suo Governo.
E allora mano ad una ricetta di crescita che non derivi solo da tasse e tagli, ma da un progetto di riordino del sistema Italia che passi da una rivisitazione totale e aperta delle norme sul lavoro per giungere  a quella dell’assetto istituzionale che oggi preclude a priori  nuove idee.
L’ingresso del movimento cinque stelle di Beppe Grillo in Parlamento, il solo nuovo ad aver superato quello sbarramento (un vero muro),  che in termine di numeri risulta  quasi irrealizzabile per i piccoli partiti o movimenti  poco organizzati o con poche risorse economiche, imposto da una legge elettorale tanto ridicola quanto misteriosa , rappresenta un messaggio forte e chiaro del popolo a uno Stato che  ha perso la coscienza e la memoria, che non riesce più ad occuparsi delle vere criticità del Paese, sospinto in questo da un nutrito gruppo di politici che continua nel suo atteggiamento di chiusura e che non permette a nessuno di  rivedere in malus i benefici acquisiti dalla casta in sessant’anni di spregiudicata inerzia.
Attenzione, rinnovare non significa comunque distruggere il passato, ma fare virtù del lavoro svolto dai nostri padri e rivedere, alla luce dei tempi moderni, ciò che non ha funzionato,  per giungere finalmente a quella rinascita, anello di congiunzione tra  sviluppo economico e  benessere sociale.


lunedì 18 febbraio 2013

Pregiudizio e malcostume.

Un nuovo caso di assenteismo, l’ennesimo, colpisce il feudo dell’amministrazione regionale. In un momento di profonda crisi di credibilità, questa mazzata non ci voleva proprio. Adesso diventa  tutto più difficile. Innanzitutto perché è impossibile sostenere qualsiasi tesi a giustificazione degli autori del fatto accaduto, soprattutto perché risulta  pregiudizievole per i sindacati (l’ultimo baluardo rimasto) esporsi a difesa di questi “pseudo-lavoratori” che si macchiano di un’azione così tanto “ ignobile”, e poi perché tutto questo accresce i pregiudizi verso i dipendenti pubblici, che godono di garanzie occupazionali sicuramente maggiori di qualsiasi altra tipologia di lavoratori, pregiudizi che nel loro diffondersi,  non lasciano scampo a nessuno, il messaggio è forte e chiaro “siete tutti uguali”.
Bisogna dare atto che i commenti, a margine di ogni articolo pubblicato sul caso, non lasciano spazio al ben che minimo dubbio sul sentimento di disdegno della gente comune: vergogna! vergogna perché in un momento in cui un padre di famiglia si toglie la vita per un lavoro che manca, altri “rubano” lo stipendio facendo leva su di un malcostume di cui si è particolarmente abusato (e parlato) negli anni passati, e che si pensava ormai quasi del tutto rientrato (per l’azione lodevole delle forze dell’ordine in primis e quasi mai per una seria presa di coscienza dei soggetti). Altro che moralità. Il caso, quello recente accaduto all’ispettorato dell’Agricoltura di Trapani lascia perplesso anche chi negli anni  ha abusato anch’esso dei mancati controlli e della totale libertà di cui godeva,  e che ora alla luce di quanto sta accadendo, passa in rassegna con terrore i propri sbagli.
Adesso al di là dei provvedimenti giudiziari e disciplinari a cui verranno sottoposti i furbi e maldestri dipendenti (non oso chiamarli lavoratori), c’è una responsabilità morale che  si porteranno addosso per tutta la vita. Bisognerà domani dare una risposta ai propri figli. E sarà difficile rispondere, anzi  impossibile.

lunedì 4 febbraio 2013

Il cambiamento e la “mala” informazione!!

 

Che il cambiamento fosse necessario, se non addirittura indispensabile non ci voleva molto a capirlo, ma la strategia fin qui portata avanti dal neo Governatore senza il sostegno dei rappresentanti dei lavoratori, non era assolutamente prevedibile. Probabilmente in tutto questo ha giocato ancora una volta la trasparenza della macchina amministrativa regionale, che, tutto sommato, non è così ben radicata, come si dice ,  nel malaffare, poiché ha portato alla luce fatti e misfatti negli anni consolidatisi negli uffici. Se il malaffare c’è, e questo è da verificare attentamente con prudenza e scrupolosità senza sparare nel mucchio, bisogna sconfiggerlo e stanarlo senza alcuna riluttanza e con coraggio, requisito, questo, di cui il Governo Crocetta  pare ne abbia a bizzeffe.
Oltremodo “disarmante” quindi, nei riguardi degli operatori onesti,  la manovra effettuata in questi giorni dal Governo regionale, che si schiera mediaticamente contro  il personale regionale mettendolo alla gogna dell’opinione pubblica, che già vede gli stessi come una casta di privilegiati da annientare perché fannullona e sprecona. Una serie di attacchi che hanno reso così autorevoli le convinzioni disinvolte di un opinionista di un giornale locale che picchia forte giornalmente sugli animi dei siciliani riesumando numeri da capogiro, naturalmente già debitamente e decisamente obiettati e smentiti da più parti, ma che lo stesso continua imperterrito a farne uso e consumo per indirizzare contro la classe impiegatizia regionale la rabbia e l’esasperazione dei cittadini. “Tutti mostri alla regione, tutti corrotti, tutti super pagati, una grande macchina mangiasoldi che ha depauperato le casse regionali , la più grande e numerosa burocrazia del mondo intero”.
Se il loro numero è eccessivo, e non lo è, la responsabilità ricade in primis sulla signora Fornero, ministro del governo Monti, che ha bloccato i pensionamenti, e successivamente sulla classe politica siciliana  che ne ha fatto aumentare la cifra. Infatti circa il 20% di questi dipendenti aveva già quasi raggiunto, se non abbondantemente superato, i requisiti per andare in pensione, ma è rimasto bloccato dalla riforma. Dovranno aspettare adesso il compimento dei 67 anni di età o dei 42 di servizio. Al momento, intanto, l’età media dei dipendenti della regione siciliana si attesta intorno ai 57 anni di età, ma sono tantissimi gli ultrasessantenni in servizio che con oltre 40 anni di contribuzione aspirano ad andare in pensione . Ma no, non si può.
Una riflessione maggiore merita la “leggenda degli stipendi d’oro” affibbiata ai regionali. Attenzione, bisogna qui ricordare che l’etichetta “regionali” viene congiunta anche ai dipendenti dell’Assemblea regionale (ARS), i veri privilegiati, a cui vengono accomunati , quando più fa comodo, i dipendenti della regione siciliana, che di stipendi d’oro ne hanno sentito parlare solo in tv o nel giornale dell’amico opinionista, che continua imperterrito e con disinvoltura, ad attaccare i lavoratori regionali (gli altri) , a cui viene  corrisposta una paga considerata nella “media” nazionale se non addirittura al ribasso. Vogliamo ricordare, per dovere di cronaca, che un istruttore direttivo (catg. C) con 25 anni di servizio percepisce, in media, 1200/1300 euro , mentre un collaboratore addirittura non arriva ai 1000 euro al mese. Rinunciamo di prendere in esame la paga degli operatori di catg. A.  Evidentemente c’è, tra i media, chi gioca al rialzo con i numeri, probabilmente per aumentare i consensi, quelli sì,  a loro vantaggio. Vogliamo chiarire subito che i lavoratori ministeriali (a cui è stato rinnovato quel contratto  di lavoro che ai regionali è stato negato!) a parità di anzianità e di qualifica, guadagnano in media più dei loro colleghi dell’isola.
Sono distribuiti male? Qualcuno in panciolle , qualcuno oberato di lavoro? Troppa burocrazia? Troppi passaggi? A chi dobbiamo addossare le colpe se non a chi negli anni passati ha soltanto pensato ai propri interessi  anziché a quelli del popolo siciliano. A quella classe politica che taceva, ometteva, abusava e profittava della confusione per trarne vantaggi politici ed economici. La Sicilia in default (forse!)?  e di chi è la colpa dei lavoratori o di chi ha zittito tutto e ha continuato a scavare nel fondo del sacco alla ricerca dell’ultimo centesimo da sperperare?
Vogliamo farli ruotare? Sta bene, ma si faccia con criterio e trasparenza, senza denigrare il ruolo che nel bene o nel male “questi” lavoratori hanno avuto nel portare avanti la baracca tra insulti e pretese, tra inganni e trappole sempre tese da cui guardarsi in ogni momento della giornata. 

venerdì 25 gennaio 2013

Camera e Senato, si vota!


Il 24 e 25 febbraio si torna alle urne. Questa volta ci tocca rinnovare il Parlamento nazionale, Camera dei Deputati e Senato della Repubblica. Un trabocchetto che ci renderà partecipi di una farsa pirandelliana.
Andiamo a votare percependo uno sdegno collettivo all’intero sistema elettorale, perché ancora una volta saremo “privati” del diritto di scegliere autonomamente il candidato da delegare, l’uomo o la donna che  sia, che ci rappresenterà per altri cinque anni al Parlamento del Paese.
Una tristezza che non ha pari. I “Signori” candidati non si “offrono” assolutamente all’opinione pubblica, non mostrano neppure il loro aspetto, non ne conosciamo i progetti e tantomeno la sensibilità. I “Nominati” già dalle segreterie dei partiti,cioè coloro che sono stati “benedetti” dal leader politico a cui si riferiscono, si troveranno in pool position nelle liste, sì che non avranno sorprese a meno che non si raggiunga neppure quella piccola percentuale necessaria a fare il salto di “qualità”. Solitamente infatti, allo scattare del 5% il primo posto è garantito.
Intanto è scattata la diaspora di coloro che vengono posizionati oltre i primi tre posti, gli “scartati” per molteplici motivi, quelli che, per intenderci, non hanno alcuna o comunque  molte chance di essere letti.
Si è assistito in questi giorni a diversificati cambi di casacca. Si lascia un partito per approdare in un altro che offre più spazi, più sicurezza, anche se è un partito “fai da te”, così come ne sono nati a decine in questi giorni di fermento.
Intanto si registra una pratica ormai consolidata: in quasi tutte le liste c’è la provocatoria quanto inquietante candidatura dei leader nazionali al primo posto, specchietto per le allodole, che garantisce chiaramente al secondo posizionato l’exploit. Una chiacchierata dinamica di questa assurda legge elettorale in vigore che lascia quantomeno perplessi gli elettori meno competenti e sconcertati i rimanenti.
Ma questa è “’a zita”, è dobbiamo piangercela fino a quando qualcuno o qualcosa muoverà il cambiamento in senso democratico,  proponendosi di cambiare questa legge elettorale (detta appunto porcellum) mal digerita dai piccoli schieramenti e ben sopportata dai grandi partiti politici che detengono così il “potere decisionale” in parlamento tenendo stretti con il collare i loro beniamini.

 

lunedì 14 gennaio 2013

La famiglia e la sua funzione sociale


 
I  prossimi passi della Politica  saranno determinanti per la crescita sociale ed economica  del nostro Paese.
Un Paese infiacchito dalla disoccupazione  e  intimidito soprattutto  da un nutrito numero di tasse e balzelli vari che hanno inginocchiato le famiglie e le imprese.
Già, le famiglie, quelle che per intendersi muovevano l’economia reale della nazione, e provvedevano ad incoraggiare i giovani ad andare avanti, a rincuorarli quando ne avevano bisogno, quando perdevano la fiducia in se stessi, se non la speranza di investire sul loro futuro. Sì, là c’era la famiglia sempre pronta ad intervenire per spezzare gli  indugi e sorreggere  i sogni dei loro ragazzi.
Quelle stesse famiglie che oggi arrancano anch’esse per arrivare a fine mese,  sono sempre meno presenti, non riescono più a rendersi partecipi della vita stessa dei giovani.
E’ necessaria, e non più rinviabile,  una nuova politica sociale, che contempli la famiglia nel suo ruolo naturale, quel ruolo che da secoli l’ annovera tra le “istituzioni” necessarie e determinanti di una comunità di soggetti.
Tante le imprese familiari, piccole ma produttive, che riflettono la dinamica dell’Italia che lavora. Aziende  sane, che contribuiscono in modo determinante al PIL  del Paese, che danno occupazione e benessere alla società e che trasferiscono l’immagine della nostra impareggiabile professionalità  all’estero.
Ma tutto ciò non basta.  La crisi, l’indebitamento, e poi la chiusura di tante aziende ha messo in ginocchio il nostro paese che ha rischiato in questi ultimi anni di vanificare quanto fatto dal dopo guerra agli anni ottanta, anni di benessere e crescita collettiva, forse anche oltremisura.
Ma l’importanza della famiglia rimane impareggiabile, il ruolo dei genitori determinante per lo sviluppo delle qualità dei giovani italiani. Forse mammoni, come qualcuno li definisce, ma legati a valori morali ben al di sopra di giovani di altri paesi, dove si è persa del tutto la concezione della famiglia così come noi la identifichiamo.
Perché mandare i figli via, all’estero a cercare fortuna o a fare esperienze “straniere”, quando la fortuna e l’esperienza “devono” entrambe  essere cercate dove sono nati e cresciuti. Non abbiamo niente da imparare dagli inglesi, o dai germanici o dagli svizzeri, no, assolutamente no, ma abbiamo invece molto da insegnare a quest’ultimi,  valori che spaziano da quelli  morali a quelli professionali che nessuno può oggi rimuovere dalle radici della nostra terra.
L’ostilità delle istituzioni , gli apprezzamenti poco edificanti di alcuni politici verso i nostri figli, e la poca credibilità che si dà loro,  è il risultato di una politica che guarda soprattutto alla crescita della nostra economia e poco, anzi pochissimo, al valore morale della nostra società e di ciò che anch’essa produce.         


giovedì 3 gennaio 2013

2013, anno zero per la Regione Siciliana?




Con l’avvento del nuovo anno, tutti noi auspichiamo in un cambiamento radicale dell’assetto amministrativo e tecnico della macchina regionale, che oggi, forse, dopo il tagliando operato con le ultime consultazioni elettorali, pare pronta a ripartire come un razzo verso quelle riforme richieste ad alta voce dall’opinione pubblica siciliana.
Il nuovo “Governatore”, che ha mostrato già denti affilati e muscoli ben tonificati a chi pensava che le sue parole fossero unicamente annunci o proclami elettorali, ha dato il via con i fatti alle primarie intenzioni di cambiamento strutturale e morale del “mostro” siciliano.
Ma gente perbene sta apprezzando questo momento di trasformazione, un momento magico, che tanto timore incute invece tra quelle categorie di privilegiati che hanno ad oggi pranzato a gratis nella mensa della Pubblica Amministrazione in Sicilia.
Ci auguriamo che sia questo l’inizio della fine di un sodalizio, quello tra politica e malcostume, solidificatosi nel tempo e resosi impenetrabile, dove soggetti terzi hanno goduto di trattamenti di favore con soldoni pubblici, e che abbia inizio un nuovo e sano percorso di trasformazione per la Regione Siciliana.
Oggi è giunto il momento di mettere una pietra sopra e ricominciare da dove eravamo rimasti. Siamo bisognosi adesso di vedere anche un pur piccolo barlume di luce in quell’immenso e tetro squallore lasciatoci da chi negli anni ha governato la Sicilia. Bisogna però iniziare dall’alto, come in una piramide, tagliando il superfluo e l’eccessivo, a cominciare da una forte limatura dei ricchi compensi.
In questi giorni abbiamo assistito ad uno spettacolo a cui ne avremmo fatto sinceramente a meno. Dopo lo scandalo portato alla luce da “Report” su tg3, tutti gli organi di stampa parlano della formazione professionale in Sicilia. Gli stessi dipendenti, in cassa integrazione i più fortunati, si sfogano, buttando giù accuse sopra accuse, sviscerando quello che in tanti anni avevano dovuto tenere sullo stomaco per salvaguardare il proprio lavoro. Attacchi che si giustificano con il silenzio profondo e bugiardo di chi dovrebbe oggi motivare quanto accaduto negli anni passati nella formazione.
Ma come in un libro già scritto, a pagarne le conseguenze è il soggetto più debole, colui che ha conquistato con l’impegno personale un lavoro altrimenti assegnato agli amici di partito.
Okay, siamo d’accordo, bisogna ripristinare la legalità in tutti i settori, ma in tutti sul vero senso della parola, ripercorrendo se è il caso, quelle stesse strategie politiche adottate per conquistare posti nella Pubblica Amministrazione senza un straccio di selezione, ma solo per virtù di una buona amicizia politica. Ma siamo sinceri,soprattutto con noi stessi; chi nella sua vita, specie qui al sud, non ha almeno provato una volta a bussare in una segreteria politica per un favore a costo zero?
Oggi, stiamo sereni, non possiamo più sanare quelle ingiustizie adoperate negli anni passati soprattutto verso i giovani disoccupati siciliani e ridare loro almeno un sorso di rivincita, no, assolutamente no, possiamo però, con forza ripristinare il diritto, quello sì, svenduto al prezzo di una manciata di voti.