martedì 24 marzo 2015

IL GOVERNO REGIONALE PRENDE FIATO E “TRATTA”

La sollecitudine con la quale il governatore, dopo mesi e mesi di tira e molla, riconosce il ruolo dei sindacati, ci lascia spiazzati ma decisamente più rilassati. Un’apertura che speriamo porti a una serena soluzione delle controversie e che soprattutto conforti entrambe le parti. I margini ci sono, e sono tra l’altro avvicinabili. Si tratta di limare qualche grossa pretesa e ridimensionarne qualche altra, ma alla fine rimaniamo fiduciosi del buon esito della scelta opportunamente fatta, che rimanda la discussione alla presenza di esperti di pubblico impiego (ARAN SICILIA). Il pasticcio che il governo regionale stava realizzando è stato dettato sicuramente da un’interpretazione un pò troppo facilona delle norme regionali che regolano il sistema pensionistico dei propri dipendenti, che, bisogna ricordarlo, hanno già recepito la legge nazionale in materia. Con qualche anno di ritardo potrebbe obiettare qualcuno, ma è stato comunque fatto. La legislazione in materia di pensionamento, dal nostro punto di vista , dovrebbe essere rivisitata, alla luce della ripresa economica sperata e pare in parte avviata a livello nazionale. Un nuovo sistema che non precluda le porte a chi ha cominciato a lavorare fin da giovanissimo, ma anzi che lo stimoli ad andar via,a lasciare, soprattutto per aprire le porte a tanti giovani italiani in cerca affannosa di lavoro. L’avidità del “tecnici” e politici a riconoscere questa opportunità è come chiudere gli occhi davanti ad una evidenza drammatica. Da un lato lavoratori “troppo anziani” per continuare a svolgere attività che richiedono lucidità, fisicità e prontezza e dall’altro un elevato numero di giovani disoccupati che non sa più che pesci prendere per sbarcare il lunario. Insomma una ingarbugliata situazione che trova spiazzato chiunque metta mano al “motore” del nostro Paese. Evidentemente, e parliamo del nostro caso specifico, ci si trova stretti tra un retaggio debitorio di un certo spessore e un accanimento troppo improvvisato e duro verso chi tira il pesante carro dell’amministrazione regionale. Ma su una cosa siamo comunque convinti e determinati, la scure se deve calare deve calare per tutti. Bisogna a chiare lettere parlare al cittadino e fargli capire che non è un privilegio andare in pensione con l’attuale sistema pensionistico in vigore in Sicilia, che non premia assolutamente nessuno, ma che viceversa è intollerante e folle il sistema nazionale, una ricetta, quest’ultima che nel lungo termine porterà alla fame tutti, e confermo tutti i pensionati d’Italia. Noi non vogliamo arrivare a questo, vogliamo lottare per vivere decentemente la nostra vecchia età, quando i nostri bisogni aumenteranno, nel tempo in cui avremo bisogno di una maggiore assistenza sanitaria e sociale, con la speranza che l’affannosa ricerca di un rifugio consolatorio non si scontri con un’austera autonomia finanziaria.

giovedì 19 marzo 2015

UN SIT-IN SOTTO LE MURA DOMESTICHE

Eravamo in duemila circa, sotto quegli ombrelli multicolori che ne nascondevano le facce scure segnate dal tempo e dalla rabbia. Un nutrito gruppo di uomini e donne uniti da un passato comune e da un futuro ignobilmente messo in discussione nottetempo dalla politica nostrana assoggettata a quella romana. Tra abbracci e strette di mano, slogan e bandiere, abbiamo tenuto il passo, la pioggia questa volta non l’ha fatta da padrona. Non ci si è lasciati intimorire, anzi la collera è stata da stimolo a proseguire, ad ingaggiare una lotta impari sotto le mura domestiche. La ragione questa volta non esiste, esiste invece l’arroganza di chi eletto dal popolo vuole sottomettere il popolo, quel popolo che non viene ascoltato quando irriverente al potere. Questo è lo scotto che si paga qui in Sicilia per sopravvivere. O con noi o contro di noi. La colpa dei dipendenti regionali è solo quella di avere un lavoro, un lavoro fisso in terra di miseria, una vera sfortuna questa. Si vagheggia di stipendi d’oro, di favole inventate da chi vuole la guerra sociale. Una scervellotica teoria diffamatoria che affama ancor di più questa nostra società, così fortemente incline a recepire leggende che non hanno né testa né piedi. La malvagità di giornalisti (molto pochi a dire il vero ma determinanti) che snaturano i fatti, che non si limitano a raccontarli così come sono ma che li colorano con impliciti messaggi di odio e di invidia, che vogliono rendersi protagonisti di una sceneggiatura che viceversa li ignora e forse li detesta pure. Questi (pochi) che svolgono un’attività di lucro sulle sventure altrui, che manifestano apertamente ciò che non condividono, offuscando con parole grandi come macigni, l’opinione dei lettori, e ancora questi che non danno spazio a nessuna replica se non pilotata, e che sparano pregiudizi insensati. E poi il silenzio dei politici, zitti e nascosti dietro un paravento che comunque non li salverà dal giudizio degli elettori, rotto soltanto dall’insensato e spregiudicato atteggiamento del governo, determinato a dare l’estrema unzione a lavoratori ormai ultra sessantenni, con le armi spuntate (ma mai rassegnati), che pensavano ormai conclusa questa prima fase dello loro vita.

UN SIT-IN SOTTO LE MURA DOMESTICHE

Eravamo in duemila circa, sotto quegli ombrelli multicolori che ne nascondevano le facce scure segnate dal tempo e dalla rabbia. Un nutrito gruppo di uomini e donne uniti da un passato comune e da un futuro ignobilmente messo in discussione nottetempo dalla politica nostrana assoggettata a quella romana. Tra abbracci e strette di mano, slogan e bandiere, abbiamo tenuto il passo, la pioggia questa volta non l’ha fatta da padrona. Non ci si è lasciati intimorire, anzi la collera è stata da stimolo a proseguire, ad ingaggiare una lotta impari sotto le mura domestiche. La ragione questa volta non esiste, esiste invece l’arroganza di chi eletto dal popolo vuole sottomettere il popolo, quel popolo che non viene ascoltato quando irriverente al potere. Questo è lo scotto che si paga qui in Sicilia per sopravvivere. O con noi o contro di noi. La colpa dei dipendenti regionali è solo quella di avere un lavoro, un lavoro fisso in terra di miseria, una vera sfortuna questa. Si vagheggia di stipendi d’oro, di favole inventate da chi vuole la guerra sociale. Una scervellotica teoria diffamatoria che affama ancor di più questa nostra società, così fortemente incline a recepire leggende che non hanno né testa né piedi. La malvagità di giornalisti (molto pochi a dire il vero ma determinanti) che snaturano i fatti, che non si limitano a raccontarli così come sono ma che li colorano con impliciti messaggi di odio e di invidia, che vogliono rendersi protagonisti di una sceneggiatura che viceversa li ignora e forse li detesta pure. Questi (pochi) che svolgono un’attività di lucro sulle sventure altrui, che manifestano apertamente ciò che non condividono, offuscando con parole grandi come macigni, l’opinione dei lettori, e ancora questi che non danno spazio a nessuna replica se non pilotata, e che sparano pregiudizi insensati. E poi il silenzio dei politici, zitti e nascosti dietro un paravento che comunque non li salverà dal giudizio degli elettori, rotto soltanto dall’insensato e spregiudicato atteggiamento del governo, determinato a dare l’estrema unzione a lavoratori ormai ultra sessantenni, con le armi spuntate (ma mai rassegnati), che pensavano ormai conclusa questa prima fase dello loro vita.

lunedì 16 marzo 2015

Raccogliere questa opportunità

La manifestazione di martedì 17 marzo e lo sciopero di venerdì 20 marzo, indetto dalle organizzazioni sindacali, rimane l’ultimo treno, l’ultima chance per scongiurare un intervento legislativo che provocherà, se non bloccato in tempo, un danno sociale inestimabile, nonché una frattura insanabile fra tutti i dipendenti della Regione Siciliana e il Governo regionale guidato da Rosario Crocetta, che con un’azione unica nel suo genere, da regime assoluto, a fianco del suo assessore all’economia Baccei, intende recepire il “peggio” della legge statale relativa al sistema pensionistico e applicarlo ai dipendenti regionali. Una vera e propria estorsione. E’ importante ricordare innanzitutto, che la norma in questione, che si vuol far passare per buona, come “determinante” per il futuro della Sicilia, compromette unicamente il futuro di migliaia di pensionati, senza nessun rilevante risparmio per le casse della regione. Una norma di facciata, che di fatto modifica unilateralmente, e ancora una volta, il sistema pensionistico di circa diciottomila lavoratori, compresi nella fascia d’età tra i cinquanta e i sessantacinque anni, che dall’oggi al domani si vedranno decurtare il proprio reddito mensile di circa la metà. Una esaltazione della follia bella e buona quella del governo Crocetta, che speriamo in aula venga contenuta dal buonsenso dei deputati regionali che “devono” capire che a sessant’anni non si può ricominciare, non si può accendere un’assicurazione previdenziale integrativa, non si può sperare di esercitare un’altra attività, un’altra professione, che si è fuori da ogni gioco e da ogni logica lavorativa, nonchè in balìa della Provvidenza che dovrà esercitare una continua e consapevole conservazione della tua buona salute. Non si può mettere a repentaglio la sopravvivenza stessa di un pensionato dopo trentacinque-quarant’anni di lavoro. Detto questo, il governo Crocetta-Baccei con una insolita dimostrazione di forza, ti mette con le spalle al muro, e smuove, con i complici della carta stampata, l’opinione pubblica, che già vede i lavoratori regionali ricchi e nulla facenti, adducendo scenari catastrofici e da terzo mondo se non si applica, e alla svelta, il sistema previdenziale applicato dallo Stato ai propri lavoratori. Senza guardare oltre il proprio naso, senza neppure chiedersi se è sbagliato il nostro sistema pensionistico o se è stato troppo azzardato viceversa quello messo in atto per i lavoratori statali, senza neppure verificare quali sono i veri sprechi e porre i rimedi a questa catastrofe annunciata, il Presidente Crocetta, e i suo Governo, decide di andare avanti per la sua strada, pur di non dimettersi e sciogliere l’assemblea di Palazzo dei Normanni, che di fatto da oltre due anni sembra un corpo estraneo e assente, addomesticato alla volontà del presidente siciliano.

martedì 3 marzo 2015

Sistema pensionistico. Roma decide e Crocetta ubbidisce.

Tra rinvii , ripensamenti, modifiche e sciocche interpretazioni, la riforma del sistema pensionistico in Sicilia non vuole decollare. L’opprimente intervento dello stato centrale, che attraverso il proprio “emissario” vuole imporre tagli a qualunque costo, ridicolizza l’operato della giunta di governo regionale che non riesce a collocare un suo progetto in sinergia con le parti sindacali. La volontà dell’amministrazione regionale “pare” non voglia danneggiare i propri dipendenti, specialmente coloro che hanno già sulle spalle trentacinque e più anni di contribuzione, lavoratori precoci, che già disponevano di una posizione previdenziale in età oggi quasi impossibile da imitare, ma l’imposizione romana non lascia molti spazi alla vertenza. Sarebbe molto più semplice lasciare andare in quiescenza tutti coloro che hanno raggiunto i requisiti pre-Fornero senza penalizzarli (anche perché, vogliamo ricordarlo, i dipendenti della regione siciliana non hanno goduto dei rinnovi contrattuali economici e giuridici dovuti dal 2007 a tutt’oggi), e quindi riformare il sistema per i nuovi assunti. Più che attuale il detto “non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”; chi ci governa non si rende conto che poche persone “non hanno il diritto” di cambiare le sorti future di migliaia di lavoratori senza nessun accordo, e che quest’ultimi non possono sempre subire passivamente norme che modificano continuamente e in corso d’opera il loro iniziale contratto d’ingaggio. E’ determinante e non più rinviabile una riflessione sui criteri e sul sistema di gestione del personale regionale, che antepongano sì i problemi di equilibrio economico, ma che nel contempo non ledano così frequentemente e in modo penalizzante i diritti dei lavoratori.