Per certi interventi bisogna aspettare il clima favorevole, e questo è uno di quelli. Il cittadino comune, tempestato ormai da un’ondata di populismo senza precedenti, per di più disorientato e sospinto da un certo tipo di informazione che ha cavalcato il momento, ne ha preso atto con una certa soddisfazione, perché risulta facile addebitare tutti i mali della Stato a chi ha la sola colpa di fare il proprio dovere. Tutto ciò si nasconde sotto il nome di risparmio e di economia, spending rewie , per usare un termine ormai comune.
Non si è assistiti ad un solo dibattito su questa mossa del governo, e non si capisce il perché. Nessuna voce si è alzata a difesa della classe lavoratrice, o quantomeno per giustificare tale intervento che purtroppo non rimane singolare. Dopo anni di riverenza della politica verso il lavoro pubblico, ritenuto allora giustamente funzionale alla capillare macchina statale, oggi si assiste, increduli, alla determinazione con cui si tenta di distruggere un intero sistema che ha tenuto sempre e comunque, al di là dell’incapacità della politica di determinarne gli indirizzi e le strategie.
In sfregio ad ogni diritto, ci si limita ad approvare un articolo se non addirittura un comma che nella sua pochezza di parole di fatto blocca il rinnovo dei contratti economici e giuridici di milioni di lavoratori, esibendo attenuanti che delegittimano il lavoro di tanti dipendenti.
Di contro, però, nessuno può entrare tra le mura dei Parlamenti italiani di ogni ordine e grado, poiché ognuno di loro difende i propri privilegi con le unghia e con i denti. Pertanto si assiste ad un piratesco scenario, dove i politici continuano a gravare pesantemente sul bilancio del Paese senza dare nulla in cambio se non tasse e scandali, mentre gli italiani devoti alla democrazia e al perbenismo tirano la cinghia per arrivare a fine mese senza poter neppure influenzare le scelte di un governo che tenta di dipingere di bianco un muro già colorato di nero.