lunedì 15 dicembre 2014

Un’analisi quasi completa

Negli ultimi anni, nella politica di casa nostra, si stanno verificando dei fatti estremamente impietosi, e quantomeno impensabili qualche decennio addietro. Legislature interrotte precocemente, assessori letteralmente silurati, dirigenti generali precari privati di ogni tutela, personale allo sbando. Un quadro disarmante che riflette in sostanza la totale assenza di pianificazione dei vertici della politica siciliana, che vede i partiti intontiti, ma ancora legati a filo doppio al consenso, sì , ma non al consenso popolare, bensì a quello individuale. E’ rimasto infatti intatto il sistema politico - clientelare che tanto danno ha fatto alla nostra terra, e pare che ci siano pochi margini per legare al passato tale concezione di fare politica se non assicurarla alla giustizia divina. Una morsa troppo stretta per il benessere economico e sociale della Sicilia, che ha dovuto subire nelle ultime due legislature mortificazioni difficili da poter dimenticare. Due Governatori eletti a furor di popolo costretti ad abdicare precocemente, entrambi proiettati in un futuro buio e tenebroso, e un terzo eletto da una sparuta platea di cittadini kamikaze, sinistrorsi a “qualunque costo”, che naviga a vista sostenuto da una scarna e polemica maggioranza. Non è cambiato nulla. E’ stato costruito un edificio di “chiacchiere”, un magazzino di “idee” ed un brillante teatro dell’ ”immaginario” pirandelliano. Il vuoto a perdere. Due anni di arrancamento generale, dove i più deboli come al solito piangono mentre i più potenti, anch’essi attirati dal tifone e debilitati, non ridono affatto, dove la disoccupazione è cresciuta oltre ogni più naturale limite immaginabile e i privilegi e le conseguenti e generose elargizioni continuano a crescere. Nessuno paga, ma nessuno di contro chiede i danni per gli errori commessi, anzi, gli stessi autori, riciclati, ricoprono posizioni pregiate, sotto la bandiera della convenienza, nella giungla dei sottogoverni . Nonostante tutto, però, dobbiamo ritenerci fortunati , ma non per quello che in questo momento stiamo pensando, ma bensì perché alle prossime elezioni i “consiglieri” regionali diminuiranno di numero, venti in meno (si poteva e si doveva fare di più), e, di conseguenza, si confida, che ridotti i padrini diminuiranno anche i figliocci e le loro turgide prebende.

martedì 2 dicembre 2014

Assemblea al Don Orione: Il sostegno dei lavoratori ai sindacati.

L’assemblea dei lavoratori della regione siciliana al Don Orione di Palermo non è passata inosservata, anzi. Una presenza massiccia, ben oltre le aspettative, che oltre a cementificare ancor di più i rapporti di collaborazione tra COBAS e SADIRS, le due sigle sindacali più rappresentative all’interno dell’amministrazione siciliana, ha “ratificato” con questa forte partecipazione, il sostegno alle parti sociali organizzatrici, delegate ad intraprendere una lotta aperta e concreta contro le ingiustizie e gli abusi subiti da tutto il personale regionale ad opera di questo governo. Un passaggio, quello di giovedì, che ha letteralmente preso di sorpresa anche i vertici delle due sigle sindacali, che non si aspettavano una quantità così numerosa di lavoratori, che ha “invaso” la location di via Pacinotti, rivelatasi, per l’occasione, non idonea alla manifestazione. Lunghi discorsi, numerosi gli interventi dei presenti, e tutti comunque proiettati sull’atteggiamento tenuto dal governo regionale che continua con atti e proclami a sospingere i media a “sollevare” i toni populisti che fanno rischiare la deriva di uno scontro sociale. Nulla di nuovo comunque, ormai siamo tutti abituati agli assalti verbali dell’opinione pubblica che continua a vederci come fumo negli occhi, ma che nessuno ponga il freno a queste manovre diffamatorie sta diventando il vero problema di fondo. La mortificazione dei lavoratori, ormai sottoposti ad una pressione incessante, è scaturita inevitabilmente in questa partecipazione compatta, preludio di una lotta che è solo iniziata. L’argomento centrale, oltre il jobs act, l’articolo 18, la mobilità, la spending rewie e tanto altro ancora, è l’attesa riforma delle pensioni e la possibilità di lasciare il lavoro in deroga alla legge Fornero, così come è stato fatto dallo Stato e così e da alcune regioni italiane (Piemonte), tra l’altro, quest’ultime, passate indenni ad un’eventuale impugnativa della presidenza del Consiglio dei ministri. Un’ auspicata misura che chiuderebbe un ciclo aperto già negli anni ‘90 con i famosi e tristemente noti “contingenti”, bloccati d’impeto dal Governo di Totò Cuffaro, in aperta difficoltà d’immagine con le direttive del governo centrale. Si parla di 40 milioni di euro in tre anni, ma sono certo che saranno tanti, tanti di più. Oltre al risparmio su indennità, premialità, contributi ecc., bisogna tenere conto anche di altre voci che concorrono, come gli onerosi affitti (tantissimi immobili verranno lasciati liberi), e di conseguenza luce, telefoni, pulizie e contratti per servizi vari che tutti sommati raggiungerebbero la cifra di milioni e milioni di euro rispermiati. Una dura scelta per il Governo Crocetta, che oggi si ripropone, ma che il rigore dei bilanci viceversa gli impone. Tre, quattro mila funzionari e dirigenti in pensione non risolvono i problemi del pareggio dei conti, ma certifica quantomeno la volontà politica di cambiare strutturalmente l’organizzazione burocratica dell’amministrazione regionale e di avviare un serio progetto di risanamento contabile. Solo così, risolto con efficacia il problema del risparmio economico legato alla riduzione del numero dei lavoratori, si potrebbe poi passare a pianificare la pachidermica organizzazione dell’amministrazione regionale, con la diminuzione dei servizi, delle aree e delle unità operative, e poi accorpamenti, riduzione dei dipartimenti, concorsi e nuova disciplina per la dirigenza, di nuovi profili professionali per il personale del comparto e soprattutto della riqualificazione dei lavoratori regionali, così da affidare loro la guida e la funzionalità totale della nostra amministrazione e togliere definitivamente ogni alibi alla “sporca” politica dell’esternalizzazione.

domenica 23 novembre 2014

La leadership politica

La politica soffre, in questi anni bui, dell’assenza di una figura carismatica, di un trascinatore, un leader vero, uno di quegli uomini in grado di ottenere fiducia totale dal popolo, al di là del colore politico. Avere una guida è utile ma soprattutto determinante. Gli anni ottanta e novanta sono stati gli ultimi testimoni di grandi pensatori politici, di uomini che hanno lottato per affermare i loro sogni, le loro ideologie, ciò insomma in cui credevano. Erano uomini con la U maiuscola, perché ponevano il rispetto delle controparti come arma fondamentale per la soluzione delle controversie politiche. Il temperamento democratico, la disponibilità e la capacità a negoziare, ma soprattutto la cultura di cui erano dotati, era la base per produrre un dialogo efficace, per progettare e far sognare gli italiani. Berlinguer, Moro, Fanfani, Almirante, Andreotti e tanti altri, in virtù delle loro comuni esperienze di vita (dittatura, guerre, patimenti ), pianificavano il futuro degli italiani, a cui chiedevano poco e davano di certo molto di più. Il progresso dell’italico popolo, in termini di crescita socio-economica è stato, sotto la loro guida, massiccio e continua, specie nel dopoguerra, dove bisognava ricostruire l’Italia e soprattutto gli italiani. Fatta questa premessa, possiamo dedurre facilmente la povertà dell’attuale politica italiana, tutta presa da fattori che poco hanno a che fare con la precedente” èlite” di uomini di governo. Poco o niente si è ereditato di quelle esperienze. Il vuoto sembra incolmabile. Scomparsi gli “ideatori” di questo sistema-nazione, non sono rimasti altri che “conquistatori“, uomini che tutto cercano tranne che la crescita morale e culturale dei cittadini italiani, una crescita questa che se ottenuta varrebbe la demolizione di una classe politica incompetente e pregiudizievole al bene dell’Italia. Un’ingiustizia diffusa provoca altra ingiustizia e qui chi ne gode chiaramente sono le lobby, avvocati e giuristi in genere, che vedono crescere così in modo esponenziale la loro clientela. La carenza di medici esperti e di sana moralità ha determinato un diffuso malcostume che ha influenzato anche la nuova generazione di sanitari che antepongono alla primaria funzione morale e sociale della professione, la ricerca continua di quattrini. Potremmo elencare altri casi di “lobby”, e nel nostro Paese sono veramente tante, tutte proiettate a bloccare ogni iniziativa volta a sradicare la propria posizione economica e sociale a favore delle masse. Notai, professori universitari, primari e così via, dove il ricambio generazionale avviene solo ed esclusivamente per corrispondenza del DNA. Oggi risulta difficile per la nuova classe politica dedicarsi anima e corpo al bene del Paese, poiché è bene e ben più facile anteporre la “propria” ricchezza a quella degli “altri”, così tanta ricchezza accumulata che ha creato di riflesso sacche di povertà così diffuse oggi in Italia tale da presagire la morte di un’intera classe sociale, la fine stessa di una comunità “di comuni mortali” di cui la nostra terra ne è piena.

venerdì 28 febbraio 2014

Riforma delle provincie

Ma è vero che i cittadini italiani vogliono l’abolizione delle provincie, o ci hanno inculcato questo proposito, bombardandoci di messaggi falsi e tendenziosi, per distrarci da problemi più seri e incombenti? C’è la sensazione che i politici di casa, esperti e rinomati furbacchioni, stiano tentando di raggirarci ancora una volta intentando la riforma di un’istituzione, come la provincia, per mettere in campo un altro prototipo di carrozzone, magari più elefantiaco, dove sistemare i trombati di tutti i colori (in futuro ne vedremo di parecchi), di nome “consorzio”. Già la stessa parola Consorzio mette paura. L’esperienza ci insegna che i Consorzi in Sicilia hanno procurato solo danni e alimentato un forte clientelismo (ricordiamo i Consorzi di Bonifica, i Consorzi ASI, ATO, quelli Agrari e così via dicendo), dove il numero dei dipendenti negli anni è cresciuto in modo esponenziale, ufficialmente per interessi di territorio, ma di fatto hanno dimostrato che le attenzioni erano altre. La paura è che questi Consorzi di comuni, che “probabilmente” nasceranno, possano diventare per la politica un nuovo centro di spesa dissennata e un sistema di potere disappropriato al territorio, e che negli anni a venire ci possano far pentire di aver soppresso le vecchie ma ormai rodate e solide provincie regionali. Alla luce delle vicissitudini non rosee del cammino del disegno di legge in discussione ormai da tempo all’ARS, ci si aspetta una riforma che più che di una necessità di cambiamento, pare, viceversa, una esigenza, preda di opportunismo politico. Gli schieramenti politici sembrano sornioni alla riforma Crocetta. Montagne di emendamenti, rinvii, bocciature, votazioni segrete e trasversali non sfuggono agli osservatori più oculati che giudicano questi “giochetti” come un forte segnale di rifiuto del cambiamento. E’ evidente che approvare una riforma con la mente rivolta alle possibilità di sfruttamento del nuovo soggetto politico e non per un risparmio economico o per snellire la burocrazia imballata, con urgenza e senza un suffragio unanime, così come si sta provando a fare all’ARS, è un rischio che oggi la Sicilia non può permettersi. Chiediamo ormai da tanti anni una riforma delle istituzioni, e le provincie fanno parte del mazzo, ma nonostante le pressioni dell’opinione pubblica non si riesce a venirne a capo, evidentemente per i forti interessi politici e partitici, che vedono in qualsiasi occasione di cambiamento delle opportunità da non lasciarsi sfuggire senza introdurre a monte privilegi per la casta.