martedì 19 marzo 2013

SICILIA . Bilancio tutto lacrime e sangue.


La necessità urgente di denaro metterà alla prova “l’autorevole” Governo Crocetta preso in questi giorni tra i fuochi  dell’opposizione e quelli più celati degli amici presunti.
Un guasto banale all’equilibrato  sistema di maggioranze e si rischia una crisi che sarà fortemente difficile da gestire.
L’esigenza di esitare al più presto un bilancio regionale in continuo affanno, infatti, porterà il rischio di tagli netti e indiscriminati  a capitoli di bilancio che per anni e anni sono stati ritenuti se non indispensabili quantomeno necessari a mantenere quell’equilibrio precario in cui navigava l’ARS. Tagli “sconsiderati” per alcuni, necessari e determinanti per altri.
Bisogna comunque stirare la piega al più presto, entro il trenta di aprile è necessario dare al governo regionale il potere di spesa, viceversa si rischia di bloccare l’intera economia dell’isola.
Un rischio che i deputati all’ARS conoscono molto bene, ma che interessi di parte inducono a ritardare per sovvenire a quel solito patteggiamento che possa comunque e soprattutto  riscuotere consensi politici.
Peraltro, una maggioranza troppo risicata, come quella di questo parlamento, implica una manovra economica largamente condivisa per non rimanere incastrati in altre norme (riforma delle provincie), in cui il Presidente della Regione si è impegnato oltremisura. Infatti, piccoli ma forti segnali di contrarietà giungono da più parti. Anche nella stessa maggioranza i malumori si fanno più evidenti e l’aria che si respira all’ARS  è pressoché irrespirabile.
Tra proclami e incertezze, intanto, la Giunta regionale procede nel suo cammino. I tagli annunciati a precari e forestali mettono in moto quei meccanismi ormai consueti e rodati quali manifestazioni e proteste che nei prossimi giorni metteranno a ferro e fuoco la città. Si tratta di trentamila operai forestali a tempo determinato, tremila ex PIP ora Trinacria Onlus, settemila dipendenti delle partecipate e gli operai della GESIP (circa milleottocento), questi ultimi a carico del Comune di Palermo, ma che il Sindaco Orlando, dopo il suo fallimento, vuole spingere tra le braccia del Presidente Crocetta che, capito il maldestro messaggio cerca di sfuggire all’agguato.
Voglia iddio che l’empasse venga superata senza mietere altra disoccupazione, ma è pur vero che bisogna mettere mano ad una autorevole riforma delle partecipate, e partire dal salvaguardare il “posto” a chi ne ha veramente diritto,  e intervenire chirurgicamente estromettendo chi ha approfittato del momento, e mangiato “ingiustamente” avidi bocconi a spese della collettività siciliana.
L’Assessore all’economia Bianchi, da parte sua, si è intestato una nobile battaglia contro gli sprechi, ma dovrà fare i conti con gli “usi e costumi” di politici e politicanti scorretti e ben determinati, che godono di ampi consensi nel territorio e che non disdegnato operazioni di basso profilo pur di ottenere risultati di assoluta riverenza elettorale.

lunedì 4 marzo 2013

Cambiamo tutto (speriamo).


In meno di un anno abbiamo rinnovato tutte le istituzioni pubbliche; quelle  locali, regionali, nazionali, e andremo tra poco a rinnovare pure le provincie regionali (forse!) e il Parlamento europeo. Nuovo il Sindaco di Palermo, nuovo il Presidente della Regione Siciliana, tra non molto conosceremo anche  il nome del  prossimo Presidente del Consiglio, vicina anche l’ora di eleggere il Presidente della Repubblica e, dulcis in fundo, una novità epocale: avremo entro il mese di marzo il nuovo Papa,  quest’ultimo “un regalo” eccezionale  alla nostra generazione che passerà alla storia come “la generazione dei due Papi.
Un inverno pieno di novità, certo, ma anche di dubbi, di perplessità e di speranza.
Nuove maggioranze politiche andranno a delinearsi tra non molto in Parlamento, nuovi scenari che se da un lato privilegiano lo sviluppo di interventi di riforma della costituzione italiana (riduzione dei costi della  politica), dall’altro non assicurano un indirizzo  politico concorde, anzi, le diverse anime dei gruppi  presenti  in parlamento sono così disomogenee che non lasciano trasparire niente di positivo in materia di crescita, di lavoro, di tasse, ecc.
Non è certo da invidiare il compito che il nuovo “Primo Ministro “ dovrà svolgere nel breve periodo. La crisi non è finita e i problemi non sono stati risolti dal Governo tecnico che evidentemente non è andato oltre l’IMU e la sua “spending rewiew” per non scatenare l’ira degli italiani e riempire le piazze.
Oggi il governo “politico” , povero di consensi, dovrà mettere nuovamente  mano nelle tasche degli italiani. Lo spread è nuovamente in rialzo, e per evitare che  raggiunga  quel livello costato il posto al presidente  Berlusconi dovrà inventarsi qualcosa che non sia il  licenziamento dei pubblici dipendenti o la riduzione della spesa sociale o addirittura la riduzione dei posti letto o l’introduzione del  ticket sui ricoveri ospedalieri,  poiché tutto questo è stato già attuato dal presidente uscente  Monti e dal suo Governo.
E allora mano ad una ricetta di crescita che non derivi solo da tasse e tagli, ma da un progetto di riordino del sistema Italia che passi da una rivisitazione totale e aperta delle norme sul lavoro per giungere  a quella dell’assetto istituzionale che oggi preclude a priori  nuove idee.
L’ingresso del movimento cinque stelle di Beppe Grillo in Parlamento, il solo nuovo ad aver superato quello sbarramento (un vero muro),  che in termine di numeri risulta  quasi irrealizzabile per i piccoli partiti o movimenti  poco organizzati o con poche risorse economiche, imposto da una legge elettorale tanto ridicola quanto misteriosa , rappresenta un messaggio forte e chiaro del popolo a uno Stato che  ha perso la coscienza e la memoria, che non riesce più ad occuparsi delle vere criticità del Paese, sospinto in questo da un nutrito gruppo di politici che continua nel suo atteggiamento di chiusura e che non permette a nessuno di  rivedere in malus i benefici acquisiti dalla casta in sessant’anni di spregiudicata inerzia.
Attenzione, rinnovare non significa comunque distruggere il passato, ma fare virtù del lavoro svolto dai nostri padri e rivedere, alla luce dei tempi moderni, ciò che non ha funzionato,  per giungere finalmente a quella rinascita, anello di congiunzione tra  sviluppo economico e  benessere sociale.