venerdì 18 marzo 2016

Sit.in di protesta e polemiche

Ci si aspettava una presenza più massiccia, anzi di più, ma evidentemente le cose a molti dipendenti della regione non vanno poi così tanto male. Un centinaio di persone, forse duecento, ma niente di eccezionale in un raduno il cui obiettivo era dare un segnale forte al governo “Baccei” , che di rinnovo contrattuale non vuole sentirne parlare. Un sit-in davanti gli uffici di Palazzo d’Orleans, in un pomeriggio cupo, organizzato da tutte le sigle sindacali, che non si arrogava la presunzione di essere una manifestazione o una rivolta, ma un semplice e preliminare assaggio di quello che sognano da sempre le OO.SS. e che potrebbe comunque accadere in un prossimo futuro. Ma è stato un flop. Adesso sarà più facile per i detrattori dei sindacati, sorridere e scaricare le colpe per la fallita iniziativa e per i ridicoli risultati ottenuti, ma bisogna rispedire al mittente il messaggio: i dirigenti sindacali erano presenti. Non bisogna arrendersi, si deve continuare a lottare, i sindacati dovranno ancora imporsi come estremi baluardi a difesa della classe più debole, in una guerra impari che ha già visto i lavoratori perdere più volte. Il braccio di ferro con questo governo regionale che gioca sporco, non mantiene i patti, diserta gli appuntamenti determinanti e che soprattutto non applica quanto sancito dalla Corte Costituzionale relativamente al rinnovo dei contratti di lavoro, deve continuare. Qui si rischia grosso. Tutti quanti i dipendenti della regione devono sapere che l’”istituto del contratto di solidarietà” è vigente in Italia così come in Sicilia, e che tutti i lavoratori, di ruolo e non, sono nel mirino. Abbiamo “subìto” il job act senza colpo ferire e oggi siamo ostaggio della politica. Bisogna , in questo momento strategico, dare man forte a chi ci rappresenta, partecipare e soprattutto ricordarsi sempre che un generale senza soldati è un sicuro perdente.

venerdì 4 marzo 2016

Sala d’Ercole e i suoi inquilini

Toh, guarda chi si rivede, la finanziaria della regione siciliana. Minestra riscaldata, sempre la solita solfa. C’è chi chiede e chi rifiuta, chi rilancia e chi si ostina, ma è assodato che la musica non cambia. Alla soddisfazione “celata” di chi riesce a reperire fondi per la propria “patria politica”, si somma quella di chi viceversa di fondi ne riceve pochi o addirittura niente. E qui scoppia la guerra. Invidia, gelosia, voglia di vendicarsi. Questa storia va avanti ormai da decenni, forse addirittura dalla nascita del parlamento siciliano, ma evidentemente l’odierna crisi finanziaria ha forzato il clima distensivo che imperava a palazzo dei normanni nelle legislature passate, fino ad arrivare agli scontri verbali intensi e sgradevoli a cui abbiamo assistito nei giorni scorsi. L’importante è arrivare assolutamente all’approvazione della legge finanziaria al più presto, per evitare un commissariamento del consiglio regionale e del conseguente “sciogliete le truppe”. Lo spauracchio dello scioglimento fa troppa paura e smembra il cervello. Chi ha seguito i lavori d’aula parla di inettitudine, di incompetenza e soprattutto di improvvisazione. Tutti uguali. Interventi inutili e spesso disarticolati che paiono così ingarbugliati che non vengono neppure seguiti dai “consiglieri” presenti. Si, presenti, perché molti non ci sono. “Chi è a favore si alzi chi è contrario resti seduto”. Neppure una volta li ho visti alzare, vuoi perché disinteressati, vuoi perché “stanchi “ e incapaci di reagire al “veloce” e alle volte “incomprensibile” ordine che arriva dallo scranno più alto di sala d’Ercole. Chi da anni bazzica la politica siciliana ricorda con incanto e delizia gli anni in cui ci si attardava la notte, e ancora nelle festività, pur di raggiungere il traguardo dell’approvazione di una “valida” legge di bilancio. Forse troppo permissiva, troppo elargitiva, ma pur sempre una buona legge si partoriva. Rilancio della classe dirigente politica. Se ne parla ormai da tanti anni, ma il giocattolo è troppo prezioso e non tutti sono disposti a lasciare. Anzi. Le scuole di formazione politica dei partiti sono soltanto “stanze di compensazione”, dove si trasmette la linea di partito, se mai ce ne fosse una, e si fa proselitismo. La partecipazione non è gratuita, e questo già lascia trasparire l’intenzione che non è quella di “allevare” nuove figure politiche, ma bensì procurarsi un nuovo strumento elettorale.