sabato 23 settembre 2017

Cristiani a perdere!




Non so se vi è mai capitato di trovarvi in Chiesa, durante una messa, e non indovinare mai, o comunque non sempre, durante la celebrazione, il momento in cui bisogna alzarsi o sedersi. Uno strazio quello di seguire gli esempi degli altri, che, anche se hanno l’aria di essere più "preparati" di noi , anch'essi incorrono nell'errore. Una volta, ricordo,  erano i sacerdoti che invitavano i fedeli  a stare "in piedi" o "seduti", ma anche questa possibilità con l'evoluzione "sacerdotale" pare sia svanita.

Meno male che si continuano a stampare i messali per seguire la messa in tutte le sue sfaccettatura, anche perché a parte i fedeli devotissimi, quelli che seguono pedissequamente le celebrazioni (gran parte del cattolici va a messa di tanto in tanto o comunque quando ne sente il bisogno), il resto è poco preparato. Io sono uno di questi, vado a messa cinque, sei  domeniche di fila, se capita anche nei giorni  feriali, e poi uno, due mesi senza neppure  pensarci.

Non ne vado fiero, certamente, perché riconosco che un buon cristiano debba rinsaldare almeno una volta alla settimana la propria spiritualità, avvicinarsi a Cristo e seguire la vita della comunità .
Mi ritengo un peccatore, si, è così, un peccatore non tanto diverso però dagli altri.

Mi rattristo se sento notizie inquietanti nei telegiornali, mi addoloro se ad essere colpiti sono i bambini o i vecchi o anche le mamme, sto male a vedere guerre, morti e disastri, sento di essere inerme davanti a tanto dolore, mi sento impotente e soffro. Ma non reagisco, ma non perché non voglia farlo, ma perché non trovo il modo, il sistema. La ragione non mi aiuta, non trovo rimedio, se non sperare negli altri e disperarmi per questo.

Io penso sempre a nostro Signore, di giorno e di notte. Ovunque vada, una Chiesa non passa mai inosservata ai miei occhi, il segno della Croce è di rito.  Di tanto in tanto la sera dico le preghiere prima di andare a letto, magari quelle due o tre in bella memoria per evitare di bloccarmi mentre ne recito altre che meno conosco.
Quando entro in Chiesa, mi commuovo. Quel profumo, quel silenzio, quell'atmosfera di pace e di amore che in poche altri posti trovi, mi emoziona, e spesso non riesco a trattenere le lacrime che vengono giù copiose.

Durante la messa mi guardo intorno. Trovo di tutto. E lì che mi rendo conto quanto l'uomo abbia bisogno di  Dio.
Guardo una madre che tiene tra le braccia i figli e li bacia teneramente. Gesù Cristo è lì, in quel momento sono sicuro che lui è lì che ci attenziona, ci guarda con intensità e sembra dirci: state tranquilli, qui non può succedervi nulla, siete protetti da me.



venerdì 18 agosto 2017

Caldo siccità e ... desertificazione

Emergenze  dopo emergenze, tutto drammaticamente emergenziale in questo nostro Paese, la bella Italia,  dove i provvedimenti si usa  prenderli sempre dopo le catastrofi.
Oggi l'emergenza di turno è il gran caldo torrido che di anno in anno si fa sempre più soffocante e più longevo, ma anche la siccità che sta travolgendo la penisola , da nord a sud ormai da anni, ma di questo pare che nessuno si fosse mai accorto. Ma visto che questa volta l'emergenza acqua ha toccato la "città eterna", tutti provano a diagnosticare le cause e proporre i rimedi, ma nessuno finora è intervenuto con chiarezza. Tutti accusano i loro predecessori, tutti mettono le mani avanti, ma nessuno che pensi al da farsi per risolvere il problema, ma non ad improvvisare come al solito davanti ad una circostanza critica, ma a risolvere la crisi in modo definitivo, in prospettiva di un futuro che non si presenta benevolo per i paesi prospicienti il mediterraneo.
Le dighe non bastano più, i torrenti e i fiumi passano da un allerta piena ad un allarme svuotamento, e intanto le campagne soffrono la sete e i contadini e gli allevatori sono allo stremo.
Le temperature aumentano, e non si fronteggia il problema così come va affrontato, ma come al solito si organizzano incontri, seminari, congressi e magari qualche G7 o G20 per poter scrollarsi di dosso le responsabilità adducendo agli altri la cattiva scelta di non allinearsi.
L'Italia deve provare a darsi una smossa e procedere anche da sola a rimediare ai danni che l'uomo ha provocato e ai disastri che la natura di contro sta infliggendogli. Piantare alberi e poi ancora alberi, a milioni, è innanzitutto la base per proteggersi dalla desertificazione e dalle alte temperature. Procedere a potenziare il servizio forestale (viceversa ingenuamente smantellato per risparmiare qualche soldo e qualche generale)  per fronteggiare gli incendi e le calamità naturali, ma soprattutto accrescere la flotta aerea antincendio, chiaramente sottodimensionata, ridicola,  e quindi non adeguata a  smaltire le tantissime chiamate di intervento che arrivano, specie tra luglio e agosto,  da tutta la penisola.
Non si riesce a capire perché non si intervenga in tal senso e si lasci viceversa tutto all'improvvisazione . Il problema è strutturale, quindi bisogna agire fin da subito, senza aspettare le catastrofi, riorganizzare  tutto il settore, centralizzare e affidare a gente capace la pianificazione del sistema antincendio e  quello della  forestazione, e soprattutto toglierlo dalle mani delle regioni dove gli amministratori hanno dimostrato chiaramente di essere inaffidabili per tale compito, sia dal punto di vista organizzativo che operativo.
Dissalare l'acqua di mare per ottemperare ai bisogni delle campagne e degli allevamenti e prevenire o quantomeno allontanare lo spettro della desertificazione, sembra il sistema più possibilista nell'imminente , ma nessuno pare interessato, non se ne parla, e non si capisce il motivo. Forse si aspetta la fine totale dell'acqua potabile per inscenare un intervento di vitale importanza per far  credere agli italiani che tutto sommato la nostra classe politica non è del tutto .... assente ma viceversa così  "diabolicamente pronta e capace".

lunedì 24 luglio 2017

I GIOVANI NEL DISASTRO



Quando la certezza diventa precaria diventa precario anche aggrapparsi ai sogni e ai valori che inducono da sempre l’uomo ad andare avanti, a crescere, a  imporsi e a moltiplicarsi. Si a moltiplicarsi, perché il calo delle nascite, problema attuale del nostro Paese, è stato indotto dall’incertezza del domani, del futuro in generale.
La crisi del lavoro, l’anarchia, l’ingiustizia che ormai domina dappertutto , la violenza che dilaga, le famiglie che si disgregano, il crollo della società nel suo insieme , la Chiesa,  che ha da sempre tracciato la strada alle nuove generazioni , ha  generato la fine di uno stato sociale concretizzatosi in decenni e decenni .
I ragazzi, oggi,  non sanno più che pesci prendere.  Disorientati già sui banchi di scuola, bistrattati da una  collettività  che  non  li  riconosce più, che non riesce ad interpretare i loro costumi, il loro modo di vivere, i loro vizi e le loro virtù,  hanno perso lo spazio vitale per integrarsi in una società che nuota nel  disinteresse  e che cresce  nella  paura di perdere quell’identità così cara e così profondamente custodita.
Un ruolo determinante in tutto questo, lo ha avuto l’abbandono al servizio di leva, un anno così odiato e nello stesso tempo tanto amato dagli italiani di tante generazioni. Ricordi che non passano mai, un lasso di tempo che si ricorda dopo tanti anni come fosse stato l’altro ieri. La lontananza dai genitori, il primo viaggio in treno da soli, il primo comando,  la prima vera obbedienza. Il risveglio con l’inno del tuo Paese che accompagna la bandiera nazionale che si alza per sfoggiare i colori degli italiani, mentre dentro  senti i battiti che aumentano e una voglia insormontabile di andare avanti a qualunque costo.
Oggi tutto questo pare qualcosa lontano anni luce. I giovani non conoscono neppure le parole del nostro inno, non sentono più i battiti del cuore aumentare al marciare di una truppa o ascoltando le sirene dei carabinieri che corrono per salvare qualcuno in difficoltà. Non riconoscono il rispetto per gli anziani, o l’autorità dei genitori . Sono per certi versi aggressivi, per altri inconcludenti e timorosi, sfoggiano naturalezza soltanto con i loro coetanei mentre odiano rapportarsi e confrontarsi con il mondo.
Non appena sparirà l’ultima generazione che ha svolto il servizio militare obbligatorio, finirà per sempre il senso della Patria con la P maiuscola, il senso del dovere, l’attaccamento ai valori della nostra nazione, nata e cresciuta sotto le forti e abili spalle dei nostri padri e dei nostri nonni. Oggi tutto pare perso, sperduto tra le chiacchiere dei nostri governanti, sostenuti e disorientati da un benessere ormai apparente e  lobbistico, che non vogliono sentir ragione, che cercano a tutti i costi il progresso, anche se non sanno  cos’è. Esaltano e auspicano un’ ”evoluzione” ad “occhi bendati”, un’italianità erogata (ius soli), una crescita che  proietta l’uomo nello spazio alla ricerca di qualcosa che non interessa che a pochissimi,  con uno spreco di denaro assolutamente insensato, e nello stesso tempo lascia gli ospedali nel disastro più assoluto, le scuole nella precarietà e le nuove generazioni nel limbo.