venerdì 24 giugno 2016

Tatuaggi. Il rincorrere la diversità che si rivela fatale

Forse non ce ne siamo ancora accorti, ma sia chiaro che anche il tatuaggio è un modo per schedare la popolazione. Abbiamo oggi raggiunto un record assoluto. Prima il “privilegio” era riservato a marinai e carcerati, un marchio sul corpo che simboleggiava una vita dura e piena di rinunce. Poi tutta un’esplosione di “immagini” che dapprima colpì la fantasia degli artisti e subito dopo il mondo dello sport. L’emulazione ha fatto il resto. Tutto ebbe inizio in sordina, un piccolo tatuaggio poco visibile in una parte del corpo che veniva scoperto soltanto in estate, nelle spiagge, poi venne il “coraggio”di metterlo bene in vista. Oggi è tutt’altra cosa, è la moda. Un modo di esibirsi trasversale alla bellezza, all’eleganza, alla cultura, che incuriosisce i sociologi e impaurisce i psicologi che prevedono tra non molti anni una “sindrome da tatuaggio”, inteso come il “bisogno” di ripulirsi di quell’immagine che negli anni ha cambiato volto e che appare oggi come una “macchia snaturalizzata” simbolo dell’ingenuità adolescenziale. Ma il problema appare ancora più inquietante se si pensa che anche le istituzioni chiudono un occhio a tale comportamento, come se si trattasse di un semplice piercing o di un ordinario colore ai capelli. Facili da portare via. Il tatuaggio resta per tutta la vita. Il giovane innamorato che imprime sul suo corpo il nome della sua ragazza che dopo poco tempo non ne vuol più sapere, il calciatore che invece “tatua” in tutta evidenza e senza limite alcuno i colori della sua squadra, e di quella successiva e dell’altra ancora fino a sembrare un uccello variopinto privo di spirito, per non parlare di soubrette televisive che mostrano esempi di pittura che rasentano il ridicolo. Nessuno parla, tutti tacciono, forse l’argomento, vista la vastità del fenomeno, fa paura. Anche nell’esercito, nelle forze dell’ordine, dove in un primo momento era vietato, il tatuaggio oggi è possibile, anche se a certe condizioni. Il tatuaggio resta impresso nel corpo per sempre, fino alla fine dei nostri giorni. Non c’è possibilità alcuna di cancellarlo. Inutile illudersi o lasciarsi convincere del contrario da pseudo esperti, quasi sempre mestieranti o tatuati incalliti. Qualsiasi tentativo è vano. Una macchia indelebile sul corpo che nel corso degli anni ricorderà l’infantilismo e l’immaturità della nostra attuale società. Non ci sono ancora studi sociali sul fenomeno, ma appare evidente che la ricerca della diversità stia alla base di questo forte abuso del proprio corpo, una diversità che, complice la disinformazione, oggi sta travolgendo una intera generazione di giovani che si affaccia alla finestra del tattoo per perdere inconsciamente la libertà di gestire in futuro il proprio corpo.

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