martedì 3 marzo 2015

Sistema pensionistico. Roma decide e Crocetta ubbidisce.

Tra rinvii , ripensamenti, modifiche e sciocche interpretazioni, la riforma del sistema pensionistico in Sicilia non vuole decollare. L’opprimente intervento dello stato centrale, che attraverso il proprio “emissario” vuole imporre tagli a qualunque costo, ridicolizza l’operato della giunta di governo regionale che non riesce a collocare un suo progetto in sinergia con le parti sindacali. La volontà dell’amministrazione regionale “pare” non voglia danneggiare i propri dipendenti, specialmente coloro che hanno già sulle spalle trentacinque e più anni di contribuzione, lavoratori precoci, che già disponevano di una posizione previdenziale in età oggi quasi impossibile da imitare, ma l’imposizione romana non lascia molti spazi alla vertenza. Sarebbe molto più semplice lasciare andare in quiescenza tutti coloro che hanno raggiunto i requisiti pre-Fornero senza penalizzarli (anche perché, vogliamo ricordarlo, i dipendenti della regione siciliana non hanno goduto dei rinnovi contrattuali economici e giuridici dovuti dal 2007 a tutt’oggi), e quindi riformare il sistema per i nuovi assunti. Più che attuale il detto “non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”; chi ci governa non si rende conto che poche persone “non hanno il diritto” di cambiare le sorti future di migliaia di lavoratori senza nessun accordo, e che quest’ultimi non possono sempre subire passivamente norme che modificano continuamente e in corso d’opera il loro iniziale contratto d’ingaggio. E’ determinante e non più rinviabile una riflessione sui criteri e sul sistema di gestione del personale regionale, che antepongano sì i problemi di equilibrio economico, ma che nel contempo non ledano così frequentemente e in modo penalizzante i diritti dei lavoratori.

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